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Assumere e promuovere la salute delle donne rappresenta un obiettivo strategico che ha effetti positivi su tutta la popolazione e investire sulla loro salute, assumendo la centralità del rapporto fra produzione e riproduzione sociale, significa anche veder riconosciuto il ruolo delle donne come costruttrici di legami sociali e di cura fondamentali per il benessere delle persone e delle comunità. In questa ottica il Coordinamento donne dello Spi promuove la medicina di genere, nella convinzione che questa recente disciplina scientifica sia indispensabile per la comprensione delle differenze fra uomini e donne sul terreno della salute.
Riteniamo essenziale una attenta valutazione delle differenze di genere nel campo della medicina, della prevenzione e dell’assistenza sanitaria, insieme alla giusta considerazione dei determinanti sociali della salute, cioè le condizioni sociali ed economiche in cui vivono le persone. E’ ormai acclarato che le diseguaglianze sociali hanno profonde conseguenze sulla salute dei cittadini, e in tale ambito le donne risultano più diseguali degli uomini, ancora di più se anziane, perché sono molto più povere (pensioni molto basse), vivono più a lungo ma in condizioni peggiori, con pluripatologie legate all’età e malattie invalidanti, spesso restano sole e in condizioni di vita disagiate. A tutto questi fattori si somma la sottovalutazione delle differenze di genere nella promozione della salute, nella medicina e nella farmacologia.
Per tali motivi proponiamo che nella contrattazione sociale sia rivendicato un sostegno allo sviluppo e all’estensione della medicina di genere, per accrescere il livello di salute delle donne e degli uomini. A tutto questo si somma l’obiettivo del buon uso delle risorse, perché una maggiore conoscenza delle differenze di genere in medicina e in farmacologia comporta una maggiore appropriatezza delle azioni e degli interventi. In sostanza, la domanda è: quanto costa al Sistema Sanitario il mancato approccio di genere nella prevenzione, nelle diagnosi e nelle terapie?
Chiediamo, quindi, che la medicina di genere sia inserita nei Piani sanitari regionali, per assicurare appropriatezza delle diagnosi e delle cure, e l’inserimento nei percorsi di formazione dei medici di medicina generale, degli operatori e degli specialisti. Chiediamo, inoltre, che si incentivino le aziende farmaceutiche a realizzare, anche se è più costosa, una sperimentazione differenziata fra i generi, perché, come afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, trattare un genere coma l’altro è come trattare un bambino come un adulto. Molti coordinamenti donne dello Spi in Italia hanno realizzato iniziative sul terreno della salute di genere, alcuni anche con progetti pluriennali; a tutti i lavori sono stati dati valore e visibilità nell’ottica delle buone pratiche, mettendo in rete le esperienze attraverso un gruppo di lavoro nazionale, come momento di condivisione e riproduzione di iniziative che creano innovazione e benessere per le donne.
Si è andati da progetti e iniziative di formazione e di partecipazione per la diffusione di conoscenze sulle patologie e i disturbi più frequenti fra le donne anziane e per promuovere una buona prevenzione, ad iniziative più complesse, riguardanti le differenze biologiche fra donne e uomini ed il peso della struttura socio-culturale, che hanno evidenziato come donne e uomini, anche se soggetti alle medesime patologie, presentano differenti sintomi, progressioni e risposte ai trattamenti. Ci sono state, inoltre, iniziative finalizzate ad analizzare i documenti di programmazione sanitaria regionale in un’ottica di genere, o altre che, partendo dall’analisi del territorio, hanno rivendicato l’inserimento, all’interno della riorganizzazione generale dei servizi, di attività di prevenzione e di produzione di salute in un ottica di genere.
*Coordinamento nazionale donne Spi Cgil