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Ci sono voluti quattro anni di battaglie legali per ottenere dalla giustizia italiana ed europea un pronunciamento chiaro e inequivocabile sull’ulteriore contributo imposto agli immigrati per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno. Questo era previsto dal decreto ministeriale del 6 ottobre 2011.
Al Ministero dell’Interno è bastato un solo giorno per adeguarsi alla sospensione degli effetti di quelle sentenze (prima della Corte di giustizia europea, poi quella del Tar del Lazio del 24 maggio scorso). Con una eccezionale prontezza, che contrasta con i lunghi tempi di adeguamento delle procedure, il Ministero dell’Interno, il 16 settembre, ha emanato la circolare alle questure che ripristina il versamento delle somme a titolo di ulteriore contributo, dopo che il presidente del Consiglio di stato ha accolto la “sospensiva cautelativa” degli effetti della sentenza del Tar del Lazio richiesta dal governo.
Il 13 ottobre ci sarà una prima udienza in previsione della decisione ultima sulla sospensiva richiesta dal governo; successivamente, ne dovranno essere calendarizzate altre per consentire al Consiglio di stato di pronunciarsi definitivamente sul merito dell’annullamento o meno della Sentenza del Tar del Lazio. Sentenza che – lo ricordiamo -, recependo quanto già affermato dalla Corte di giustizia europea, aveva cancellato l’ulteriore contributo, considerandolo “sproporzionato e di ostacolo rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva europea sulla libera circolazione dei cittadini”.
Le questure, che avevano già provveduto, anche se con settimane di ritardo, ad aggiornare le procedure amministrative e informatiche, in virtù della sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio, ora invece sono state chiamate ad adeguarsi immediatamente pretendendo nuovamente l’ulteriore contributo a chi chiede il rilascio o rinnovo dei titoli di soggiorno e chiedendo l’integrazione a quanti ancora, al 14 settembre, non avessero già ritirato il loro permesso. Un vero e proprio caos che aggiunge altro disagio e disorientamento tra gli immigrati, non degno di un paese civile.
Come patronato non ci arrendiamo e continueremo a intraprendere tutte le strade percorribili, politiche, istituzionali e governative, affinché sia riaffermato il principio di giustizia verso coloro che sono regolari nel nostro paese, che pagano le tasse e che contribuiscono con il loro lavoro al benessere della nostra comunità.
La politica ha una grande responsabilità perché riteniamo che un provvedimento, ispirato soprattutto dalla speculazione sulla pelle degli immigrati regolari, non possa essere accettato da un governo e da forze politiche di centro sinistra, che fanno della integrazione una battaglia anche al livello europeo. Per questo chiediamo ai parlamentari progressisti di farsi interpreti di questo senso di giustizia e di sollecitare l’esecutivo ad adeguarsi alle Sentenze. Questo significa abbandonare quel senso di assuefazione all’idea che l’obolo richiesto agli immigrati regolari sia da considerarsi il prezzo da pagare per essere stati accolti “fortunatamente” nel nostro paese.
Vogliamo rivolgerci anche alle Questure e alle prefetture che più di altri sanno bene che il caos procedurale che si trovano a gestire ora e che potrebbe avere delle ripercussioni anche nel futuro, è stato determinato dalla sospensione richiesta dal governo e non dal mancato adeguamento delle procedure da parte delle amministrazioni.
Continueremo a tutelare, anche con gli strumenti legali, gli stranieri che chiedono l’applicazione delle sentenze e di vedersi restituite le somme già pagate e non dovute. Come patronato manterremo il legame con tutti coloro che, in tutti questi mesi, si sono rivolti a noi, iscritti e non, informandoli tempestivamente su cosa sta accadendo; ed è con questa determinazione che intendiamo rappresentare e difendere i loro diritti.
Morena Piccinini è presidente dell'Inca Cgil