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Il limite teorico principale della proposta formulata dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, in materia di pensioni, e che avrebbe l’obiettivo, tra gli altri, di corrispondere un reddito minimo di 500 euro a chi rimane senza impiego e ha più di 55 anni – misura finanziata da un ricalcolo delle “vecchie” pensioni retributive – è innanzitutto uno: assumere come un sistema perfetto il metodo di calcolo delle pensioni contributivo-attuariale. E cioè quel “principio” secondo il quale è giusto che la pensione corrisponda interamente a quanto si versa. Questo, in estrema sintesi, il giudizio di Michele Raitano, ricercatore in Economia politica presso “La Sapienza” Università di Roma. Che puntualizza: “Si tratta di un giudizio di valore, alla fine: una precisa scelta di politica economica. Molti paesi, però, percorrono strade diverse: preferiscono sistemi di tipo retributivo che tutelano i livelli salariali di fine carriera, e cioè un’equità di tipo assicurativo piuttosto che attuariale. Del resto, se anche da noi prendiamo come esempio gli ammortizzatori sociali, nessuno pensa che servizi e prestazioni che vengono erogati debbano matematicamente corrispondere a quanto versato, perché l’idea è che il rischio e le tutele vadano condivise tra tutta la collettività, con un principio di solidarietà del sistema. Insomma, senza ovviamente trascurare la gravità delle molte distorsioni e iniquità che caratterizzavano il sistema pensionistico retributivo, secondo me non è però giusto pensare che un sistema neutrale dal punto di vista attuariale sia anche un sistema equo dal punto di vista di altri criteri di giustizia sociale”.
Rassegna Però, quando Boeri propone il ricalcolo delle pensioni più alte ottenute col sistema contributivo, usa l’argomentazione che così si arriverebbe a un sistema più equo, che prende di più da chi più ha…
Raitano Ma così si rischiano di confondere elementi di equità attuariale e redistributiva. Anche non toccando argomenti pure importanti che riguardano i diritti acquisiti e le scelte di vita che una persona ha fatto in relazione alle condizioni che gli presentavano, ci sono altri aspetti da tenere in considerazione. A partire dalla più semplice: ammettiamo pure che sia giusto che si debba prendere un assegno corrispondente a quanto versato, allora il ricalcolo dovrebbe essere fatto su tutte le pensioni, dalle più basse alle più alte. Se per motivi di opportunità politica e sociale decidi di farlo solo sulle più alte, mescoli, come dicevo prima, due criteri diversi di equità: uno attuariale e l’altro, per così dire, verticale-redistributivo. E in questo modo rischi di creare iniquità ancora maggiori.
Rassegna In che senso?
Raitano Nel regime retributivo ci sono sicuramente persone che hanno versato poco e prendono pensioni molto più alte rispetto a quanto versato. E queste iniquità agiscono soprattutto in senso regressivo. Ma chi sono queste persone? Fatta eccezione per qualcuna delle cosiddette pensioni d’oro, la gran parte di chi ha ricevuto consistenti benefici attuariali rispetto a quanto contribuito è rappresentata da chi è andato in pensione in età precoce, da ex dipendenti pubblici a medio reddito e da lavoratori autonomi. Ma tutti questi soggetti, che pure non hanno pensioni alte in valore assoluto, non sarebbero toccate dal contributo di solidarietà proposto da Boeri, visto che l’importo delle pensioni che ricevono non è tale da farle ritenere “d’oro” o “d’argento”. Non solo: visti gli alti tassi di crescita del Pil fino ai primi anni Novanta, se le pensioni fossero ricalcolate oggi col contributivo, alcune di quelle più alte potrebbero risultare ancora più alte di quelle percepite attualmente, anche se sono state erogate a persone ritiratesi a età relativamente precoci. Insomma, il rischio forte è quello di produrre nuove iniquità e criteri confusi e poco omogenei.
Rassegna Resta però l’idea di redistribuire risorse e rendere il sistema più equo, come fare?
Raitano Non condivido l’idea, pur legittima, che sta alla base della proposta di Boeri: e cioè che le risorse per rendere il sistema previdenziale più equo vadano tutte prese all’interno del sistema stesso. Penso, invece, che bisognerebbe aumentare la progressività di tutti i redditi, non solo delle pensioni. Sarebbe l’unica misura, tra l’altro, che non incorrerebbe in vincoli della Corte Costituzionale. Perché non trovare risorse attraverso imposte di successione, imposte sui patrimoni, sulla casa, patrimoniali? Inoltre, cambiare a posteriori le regole fa sembrare che a essere “cattivi” siano stati i lavoratori, quando invece le scelte di pensionamento dipendono, generalmente, da complicati equilibri fra convenienze e scelte di lavoratori e imprese. Mi spiego: nell’epoca del retributivo, erano le imprese che spesso volevano mandare via i lavoratori presto, non una volontà di questi ultimi. E i prepensionamenti seguivano questa logica: il vantaggio e la necessità di un rapido ricambio generazionale nelle imprese. Ripeto: non necessariamente erano i lavoratori a scegliere liberamente di andarsene in pensione e non è giusto, dunque, far pagar loro oggi una sorta di penalizzazioni per delle scelte che dipendevano dal contesto dell’epoca.
Raitano Boeri propone anche una flessibilità in uscita verso la pensione da far pagare ai lavoratori. Cosa pensi?
Raitano È giusto, anzi doveroso, pensare a forme di flessibilità. Ma mi chiedo anche in questo caso: perché a pagare con le penalizzazioni attuariali, si parla di un 3 per cento l’anno, debbono essere solo i lavoratori? La flessibilità conviene anche alle imprese, e l’uscita anticipata è spesso richiesta dai lavoratori proprio per il timore di essere licenziati. È giusto, allora, che in parte venga finanziata anche da loro.