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Mentre i nuovi dati dell'Acea testimoniano l'ennesimo crollo del mercato dell'auto in Europa (-8,5% ad agosto rispetto al 2011) e in particolare quello di Fiat (-17,7% rispetto ad agosto 2011), l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, prende la parola attraverso le colonne di Repubblica, intervistato dal direttore Ezio Mauro, e risponde alle molteplici accuse mossegli dopo l'annuncio dell'abbandono del piano “Fabbrica Italia”.
“Io non ho mai parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via. Le assicuro che ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi”, afferma Marchionne nell'intervista.
Però, alla Fiat non si può pensare “come a un'azienda soltanto italiana”. La Fiat “opera nel mondo, con le regole del mondo. Per essere chiari: se io sviluppo un'auto in America e poi la vendo in Europa guadagnandoci, per me è uguale, e deve essere uguale”, afferma Marchionne. Fabbrica Italia era un progetto “basato su cento cose, e la metà non ci sono più, per effetto della crisi. Lo capirebbe chiunque. Io allora puntavo - mette in evidenza Marchionne - su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 cause aperte della Fiom. Tutto è cambiato, insomma. E io non sono capace di far finta di niente, magari per un quieto vivere che non mi interessa. Anche perché puoi nasconderli ma i nodi prima o poi vengono al pettine. Ecco siamo in quel momento. Io indico i nodi: parliamone”.
Ma proprio sul dialogo, in particolare con il Governo italiano, Marchionne non appare molto convinto: “Se mi cercano li vedrò, certo – dice l'ad Fiat - incontrerò Passera, Fornero. Ma poi?”. “Sopravvivere alla tempesta con l'aiuto di quella parte dell'azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per sostenere l'Italia, mi pare sia un discorso strategico”. “Fiat sta accumulando perdite per 700 mln in Ue, e sta reggendo con i successi all'estero. Sono le uniche due cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa”.
Nonostante i dubbi sull'utilità del dialogo Marchionne riserva al governo attuale parole di elogio: “Il Paese soltanto un anno fa era fallito – dice – solo l'intervento di un attore credibile ha saputo riprendere l'Italia dal baratro in cui era finita e risollevarla. E qualcuno vorrebbe che Fiat si comportasse tranquillamente come quando c'era il sole? O è imbecillità, pensare questo, o prepotenza”.
Poi una risposta stizzita agli attacchi incassati nei giorni scorsi, ad esempio da Della Valle: “Tutti parlano a 100 all'ora, perché Fiat è un bersaglio grosso, più delle scarpe di alta qualità. Ci sarebbe da domandarsi chi ha dato la cattedra a molti maestri d'auto improvvisati. Ma significherebbe starnazzare nel pollaio. Finché attaccano me bene. Ma lascino stare Fiat”.
Insomma, l'ad Fiat respinge al mittente tutte le accuse, anche se, almeno nell'intervista, non chiarisce quali sono i piani di Fiat: “Non sono l'uomo nero – afferma - mi impegno ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole”. “Quando spiego” agli americani il successo di Detroit e il disastro a Torino “loro fanno due conti e mi dicono cosa farebbero: chiusura di due stabilimenti per togliere sovracapacità dal sistema europeo. Se mi comporto diversamente, ci sarà una ragione”.
Secondo Giorgio Airaudo, responsabile auto per la Fiom Cgil, quanto detto da Sergio Marchionne “non sono rassicurazioni, è solo un modo per prendere tempo. Non è la prima volta che dice che mantiene gli stabilimenti in Italia con le vendite ed i profitti fatti all'estero quindi penso che sia sempre più urgente che questo paese stabilisca un patto con la Fiat, serve un accordo e solo il governo può farlo. Serve uno dei tanti accordi che la Fiat ha fatto in giro per il mondo”.
“La Fiat sarà anche cambiata negli ultimi anni e non sarà più italiana, come ripete Marchionne, ma è stata italiana per 100 anni ed in questi anni di contributi gli italiani ne hanno dati tanti, che siano tutti scomparsi e svalutati non può permettersi di dirlo nemmeno l'amministratore delegato della Fiat; semmai andrebbe chiesto alla proprietà, non all'Amministratore Delegato”, osserva ancora Airaudo.
Da Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, la richiesta a Marchionne è di "di convocarci subito e di chiarire un solo aspetto, se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato oppure, a prescindere da questo, lui non vuole più utilizzarlo". Così il leader della Cisl parlando al Gr1 Rai. Bonanni ha inoltre sottolineato che Marchionne "ha il dovere di farlo per lealtà".