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"Siamo di fronte a un orrore senza fine. Il Mediterraneo è diventato un mare in cui non si sa più quante migliaia di cadaveri stanno lì dentro, e l'angoscia è quotidiana, perchè ogni giorno si mettono in mare imbarcazioni cariche di persone, con il rischio di nuove tragedie". Così Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil, stamattina ai microfoni di 'Italia parla', la rubrica di Radioarticolo1, per parlare di immigrazione dopo che l'ennesimo barcone proveniente dalla Libia ieri è affondato al largo di Tripoli, causando la morte di oltre 200 persone, perlopiù donne, con appena 26 naufraghi salvati.
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"Il primo problema – ricorda la dirigente sindacale – è che queste sono tragedie che poco hanno a che fare coi temi generali dell'immigrazione, se con tale parola intendiamo coloro che cambiano paese per cercare un lavoro in occidente. Qui siamo davanti a una massa di disperati, rifugiati, in cerca di asilo, che fuggono da condizioni di vita inenarrabili, che hanno a che fare con guerre, spesso nascoste o dimenticate. Adesso molte di queste persone sono siriane, ma la tragedia riguarda un intero continente, l'Africa, e la questione andrebbe affrontata in termini geopolitici in modo ben diverso. Per questo, abbiamo apprezzato il fatto che il nostro governo abbia provato ad aprire la discussione in Europa su questo tema per cercare di trovare una soluzione".
"Non c'è alcun dubbio – prosegue Lamonica –: l'immigrazione è un grande tema europeo, ma se l'Unione chiude gli occhi di fronte a così tanti morti, a tragedie come queste, è un'Europa che perde l'anima e che rischia di non avere futuro. Ad esempio, per quanto riguarda 'Frontex plus', il programma con cui l'Ue dovrebbe integrare le attività messe in campo dall'Italia con 'Mare nostrum', non è ancora ben chiaro quando partirà e quante risorse avrà a disposizione. Come Cgil, noi ci mobiliteremo su questo, anche con iniziative messe in campo a Lampedusa, dove il prossimo 3 ottobre si celebrerà l'anniversario del terribile disastro avvenuto un anno fa. Vorremmo sapere se Frontex plus è un modo per per rafforzare l'idea che nel Mediterraneo si presta soccorso e si salvano vite umane, oppure se diventa solo un meccanismo di rafforzamento del controllo alle frontiere, riproponendo così l'idea dell'Europa come fortezza, del continente che chiude i propri confini. Mare nostrum è stata un'iniziativa positiva dell'Italia, che ha salvato migliaia di persone, e perciò ci aspetteremmo che l'Ue vada in tale direzione".
"È ovvio – secondo la segretaria confederale Cgil – che la questione immigrazione non si risolve solo con il soccorso in mare, che è innanzitutto un obbligo morale e civile di tutti i paesi. Il punto è che l'Ue dovrebbe mettere in campo una politica che risponda al tema laddove si forma, cioè cominci ad avere un'idea di come intervenire nei luoghi di partenza. Ad esempio, da tempo noi proponiamo il Corridoio umanitario, dove l'Unione assieme all'Onu approntino punti di raccolta nei luoghi caldi del Nord Africa, e da lì indirizzino le persone che fuggono da quelle realtà. Il punto di partenza è questo, altrimenti la discussione sarà sempre attorno a quante risorse mettere nel salvataggio, che va fatto in ogni caso. Su questa partita l'Italia non può arretrare, anzi, approfittando che adesso abbiamo anche il ministro degli esteri europeo e hanno fatto un commissario europeo all'immigrazione sarebbe positivo che il nostro paese alzasse un po' la voce per definire una politica d'assieme che intervenga in Africa e nel contempo in Europa sulle norme Ue".
"È evidente – prosegue Lamonica – che siamo di fronte a problemi epocali, che vanno affrontati con strumenti che abbiano un orizzonte di problemi assai più largo. E sia Onu che Ue, più che cercare la soluzione dei conflitti, potrebbero muoversi con interventi di tipo umanitario sui rifugiati. Coordinare i soccorsi dovrebbe essere un obbligo: è un problema di scelta politica sul ruolo dell'Ue, di quello che deve essere e di come va ripensata, anche alla luce di quanto sta accadendo sul versante dell'immigrazione e di quanto avviene sul fronte del lavoro in un momento di straordinaria difficoltà per tutti noi cittadini europei, per via dell'incertezza della condizione economica, della paura della disoccupazione, che viene strumentalizzata, favorendo l'insorgere della xenofobia anche in paesi culturalmente avanzati come nel nord d'Europa".
"Ultimamente, poi – ricorda la sindacalista –, si è affacciato lo spettro delle malattie provenienti dall'Africa, che alimentano il terrore di possibili epidemie. Pensiamo all'ebola, dove sono state messe in giro cose non vere, di persone infettate, invece affette solo da rosolìa. In questo, Mare nostrum sta facendo bene: dal punto di vista sanitario, ha un meccanismo di filtro molto efficace, ma è chiaro che l'Italia da sola ha difficoltà ad affrontare porblemi del genere. Dobbiamo ricordarci che l'emergenza vera è quella umanitaria, non sanitaria, e che qualunque meccanismo di controllo delle frontiere verrà apporntato, non fermerà l'arrivo dei rifugiati, che sono persone che hanno tanto sofferto e che hanno dovuto affrontare così tanti drammi, che non indietreggeranno di fronte a una nave in più di sbarramento. Il problema è di cercare di capire come intervenire sul serio".
"Nello stesso tempo – ha precisato Lamonica –, come Italia dobbiamo alzare la voce anche su altri fronti, ad esempio su austerità, spending review, legge di stabilità, sui nuovi tagli che si profilano in settori delicati come la sanità, dopo che i governi Berlusconi e Monti l'avevano falcidiata decurtando 30 miliardi dal fondo sanitario nazionale. Tutto questo, mentre sta aumentando la spesa per la sanità privata e circa nove milioni di persone hanno rinunciato a curarsi per l'impossibilità di far fronte alle spese mediche. Riproporre oggi l'idea dei tagli lineari è una follìa, oltretutto subito dopo aver firmato il Patto per la salute, che non è quello che avremmo voluto nè costituisce la panacea dei mali del settore, ma c'è comunque l'idea di come realizzare risparmi toccando in qualche modo sprechi e inefficienze e reindirizzarli in una politica che potenzi i servizi esistenti e soprattutto eviti ulteriori disastri. Ovvero che alla fine calino tanto le prestazioni che le persone, in fuga dal sistema pubblico, favorendo l'ennesimo elemento di disuguaglianza e ingiustizia con la privatizzazione delle prestazioni sanitarie. Il problema è che gli sprechi vanno individuati e colpiti, e le nuove risorse ottenute da tale operazione vanno investite nel settore per salvare e qualificare i servizi".
"Con la nostra campagna 'Salviamo la salute' – ha concluso l'esponente Cgil –, ci proponiamo esattamente questo: ad esempio, facciamo le centrali uniche di acquisto, di cui se ne parla da anni. Otterremo di sicuro dei risparmi, che però vanno indirizzati per dare fiato a un sistema in gravi difficoltà. L'importante è che non si continui a fare cassa sulla sanità, così come su scuola, welfare o pensioni: questo è inaccettabile, perchè ripropone un modello di affrontare la crisi che è esattamente quello che ci ha portato al disastro attuale, economicamente sbagliato e socialmente ingiusto".