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Una giornata nel campo di concentramento nazista di Sachsenhausen nel 2016. Questo è il semplice assunto alla base di Austerlitz, il documentario di Sergei Loznitsa nelle sale italiane da oggi (25 gennaio), distribuito da Lab 80 in occasione del Giorno della memoria di venerdì 27. Il regista ucraino con la sua troupe si è appostato nel campo in località di Oranienburg, a 35 chilometri da Berlino, durante un giorno d'estate. Quello che è riuscito a registrare è diventato la sostanza del film. Con un risultato spiazzante: vediamo turisti che si fanno selfie, foto di famiglia, mangiano e chiacchierano, registrano tutto dai cellulari, si aggirano in una normale attività di vacanza.
Il film, girato in rigoroso bianco e nero, non cerca di indirizzare lo sguardo ma sceglie semplicemente di mostrare: la sua durata (94 minuti) rispecchia il tempo di una visita nel campo. E attesta le varie azioni che si svolgono: ci sono le guide, a cui è affidato il compito di tenere viva la memoria ma che sembrano ripetere meccanicamente. Quindi gli studenti svogliati in visita, i fidanzati che camminano insieme. Poi il momento della pausa pranzo, in cui i turisti si appostano davanti ai forni crematori per consumare un panino. E ancora la dislocante foto di famiglia sotto la scritta Arbeit Macht Frei. Il brusìo perenne che sentiamo, riuscendo appena a distinguere alcune parole, è quello di una folla indistinta.
A ben vedere il documentario scorre su un doppio binario: da una parte i luoghi della memoria restano lì, presenti dinanzi ai nostri occhi. Dall'altra si pone con forza il dubbio: è giusto visitare i campi di sterminio? La memoria si può commercializzare? Attraverso la registrazione della realtà Loznitsa riflette su questi nodi, senza dare risposte, li lascia alla nostra considerazione: una possibile lettura - naturalmente - è già contenuta in ciò che stiamo guardando.
Il titolo è dovuto al romanzo Austerlitz di W.G. Sebald (edizioni Adelphi): nella storia Jacques Austerlitz è un professore di storia dell’architettura, studioso di quei luoghi (edifici militari, stazioni ferroviarie, penitenziari, tribunali) che, soprattutto nell’Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie, carichi di significati simbolici. Esattamente come accade per i campi di concentramento oggi.
Il film è stato presentato al Festival di Venezia 2016 fuori concorso. In quell'occasione il regista aveva spiegato la sua peculiare scelta di sguardo: l'idea è nata proprio mentre stava visitando un campo. "Sentivo come se la mia stessa presenza fosse eticamente discutibile - ha detto Loznitsa -. Avrei voluto capire, attraverso il volto delle persone, degli altri visitatori, come ciò che guardavano si riflettesse sul loro stato d'animo". Ma il cineasta non ha trovato una soluzione: "Perché una coppia di innamorati o una madre con il suo bambino vanno a fare visita ai forni crematori in una giornata di sole estivo?". La risposta è "un mistero", ha concluso, il film è un confronto con queste domande.
Austerlitz arriva al cinema grazie all'impegno di Lab 80. Il responsabile della distribuzione, Alberto Valtellina, è intervenuto ai microfoni di RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Tempi Moderni: "Pensiamo che sia il film giusto nel momento giusto - ha detto -: è una pellicola che impone una riflessione complessiva su cos'è il 27 gennaio. Bisogna decidere cosa vogliamo far diventare questa giornata: una data per pulirsi la coscienza oppure un momento di seria riflessione su ciò che è stato e cosa resta oggi del passato".
Nel corso del film, a suo avviso, "c'è sempre l'occhio del regista che nel campo di concentramento decide cosa inquadrare, i luoghi e i tempi. Ma ogni ripresa è lasciata a sé: su ciò che avviene all'interno non si interviene in alcun modo, preferendo delegare alle immagini la capacità di parlare". Lab 80 è una piccola distribuzione, che porta al cinema opere meritevoli altrimenti destinate all'oblio. "Nel nostro lavoro di distribuire film in Italia ci sono ovviamente difficoltà - ha concluso Valtellina -, ma arrivano anche grandi soddisfazioni quando ci rendiamo conto che le proposte vengono apprezzate e generano dibattito".