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Gli inglesi e la trattativa sulla Brexit con l’Unione, le conclusioni dell’ultimo Consiglio d’Europa, il nuovo protagonismo della Francia di Macron, la Carta dei diritti europei, lascito di Rodotà, la questione migranti, un problema ancora insoluto. Sono i temi dell’intervista odierna di RadioArticolo1 a Fausto Durante, coordinatore area politiche europee e internazionali Cgil.
“Il negoziato sulla Brexit si preannuncia difficile – ha esordito il dirigente sindacale –, soprattutto dopo le elezioni inglesi, che hanno visto l’indebolimento dei conservatori di Theresa May a vantaggio dei laburisti di Jeremy Corbyn. Sulla base dei risultati, la Gran Bretagna si presenta ora con una posizione di debolezza, anche perché già all’epoca del referendum molti giovani avevano votato in maggioranza per il remain. Ma sarebbe un grosso errore da parte dei burocrati di Bruxelles sedersi al tavolo con uno spirito di rivalsa nei confronti degli inglesi. Bisogna trattare senza umiliare nessuno, perché altrimenti si compromette il buon esito del confronto. E l’Ue, se vuole farcela, deve tornare al suo spirito originario, all’Europa sociale e dei cittadini, alle questioni legate al lavoro e all’immigrazione, non solo alla finanza e alle banche, com’è avvenuto negli ultimi anni. Solo così si riuscirà a sconfiggere gli euroscettici, i partiti populisti e nazionalisti, in qualche caso anche razzisti”.
Per far rivivere l’idea di Europa bisognerebbe tornare alla Carta dei diritti europei, di cui Stefano Rodotà è stato uno dei fautori, rimettendo al centro i diritti degli uomini e delle donne dell’Unione. "È un grande messaggio che il grande giurista italiano ci ha lasciato, perché quella carta definisce i diritti di cittadinanza che sono tali ovunque sia la nazione dell’Ue in cui si nasce, qualunque sia la dimensione dell’impresa per cui si lavora, qualunque sia il settore, qualunque sia l’attività, qualunque sia il genere e la razza, la religione, gli orientamenti personali dal punto di vista sessuale o ideale. Insomma, siamo portatori di diritti perché siamo esseri umani: questa è la lezione più grande che Rodotà e altri intellettuali e accademici della sua scuola hanno lasciato all’Europa. La crisi che vive oggi l’Ue è una crisi soprattutto del suo progetto d’integrazione, di conferma e ricostruzione permanente del rapporto tra cittadinanza, lavoro, impresa e dimensione pubblica. Questo percorso bisogna ora riattivare, altrimenti l’Europa, sotto le spinte dell’ideologia neoliberista, sarà destinata a soccombere”, ha aggiunto il sindacalista.
Il processo europeo è parzialmente bloccato per tante ragioni, "soprattutto per i veti incrociati che i grandi Paesi hanno ricominciato a praticare, uno nei confronti dell’altro, per la dimensione tutta domestica e nazionale che ha preso il corso della discussione in Europa, per i segnali di scarsa solidarietà e di scarsa coesione che arrivano su tante questioni, a cominciare da quella sulla condivisione del debito e degli strumenti economici per favorire in qualche misura un’uscita positiva dal punto di vista dello sviluppo e della crescita alla crisi decennale. Di tutto questo, se n’è avuta la conferma al Consiglio d’Europa del 22 e 23 giugno. E poi c’è il tema dell’immigrazione, che chiama in causa il cuore dell’idea di Europa. Stiamo parlando di persone che fuggono da guerre, persecuzioni, situazioni drammatiche, di fronte a cui ciascun essere umano penserebbe come prima cosa, più che alle carte, ai cavilli, alla burocrazia, agli aspetti formali che piacciono tanto ai burocrati di Bruxelles”, ha continuato l’esponente Cgil.
“C’è consapevolezza che gli stati del Sud dell’Unione, quelli che si affacciano sul Mediterraneo e che sono al centro di questo flusso ininterrotto di esseri umani, non di merci, sono stati lasciati troppo soli e che l’Unione ha mostrato spesso il volto arcigno dinnanzi a una mano protesa da un gommone in procinto di affondare? Ecco l’Ue che abbiamo messo in piedi e per quale i lavoratori italiani e di tanti paesi sono diventati sostenitori del progetto è quella che salva, accoglie, mette in sicurezza. Sotto tale profilo, il nuovo presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha usato toni parzialmente nuovi, che vanno apprezzati e che spero si possano tramutare in orientamenti politici da parte di tanti altri paesi, perché sul tema dell’immigrazione l’Europa si gioca una parte importante della sua credibilità e della possibilità di costruire insieme un futuro”, ha concluso Durante.