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COMO - “Da un punto formale, le cose per il momento dovrebbero restare così come sono. Perché a legiferare sulla materia è la Confederazione non i Cantoni. Sul piano politico, invece, il risultato è pesante perché è l’ultimo tassello di un processo che crea un clima sociale brutto tra ticinesi e frontalieri. Alla fine, a furia di picconare le fondamenta rischia di cadere il muro degli accordi bilaterali”. Così Alessandro Tarpini, responsabile nazionale dei frontalieri della Cgil, commenta a imprese-lavoro.com il risultato del referendum nel Ticino dove il 58% degli elettori ha votato sì alla consultazione che istituisce una corsia preferenziale per i residenti in Svizzera nell'assegnazione dei posti di lavoro.
“Mettere in discussione la libera circolazione delle persone e delle merci – osserva l'esponente della Cgil – mette in crisi l’accordo tra i due Stati nel suo insieme. È una materia delicata nel Ticino, come in Lombardia, su cui si continua a fare propaganda elettorale. Nel Ticino e in Lombardia c’è bisogno di buona politica e diplomazia, ma purtroppo mancano tutte e due. Il canton Ticino senza frontalieri non potrebbe funzionare. Ora bisogna provare a discutere seriamente i problemi che ci sono. È una scelta necessaria”.