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Il tribunale di Torino ha condannato a 4 anni di reclusione l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny in uno dei diversi filoni del processo Eternit bis. L’accusa era di omicidio colposo in relazione al decesso di due ex lavoratori di Cavagnolo (Torino), dove la multinazionale dell’amianto aveva una filiale.
Schmidheiny dovrà versare una provvisionale di 15 mila euro alle parti civili, tra cui la Regione Piemonte, sindacati e varie associazioni. Il processo terminato oggi, 23 maggio, è stato celebrato a Torino dopo lo “spezzettamento” del fascicolo disposto all'udienza preliminare per ragioni di competenza territoriale. A Napoli è invece in corso un dibattimento in Corte d'Assise, dove l'imprenditore elvetico è accusato di omicidio volontario. E anche a Vercelli si procede per il medesimo reato (in questo caso l'indagine è appena terminata).
“È un segnale debole, ma va nella direzione auspicata. Questa è la prima sentenza che indica la responsabilità di Schmidheiny su due casi”. A dirlo è Nicola Pondrano, dirigente sindacale della Cgil e cofondatore dell'Associazione familiari e vittime dell'amianto (Afeva), dopo la condanna a quattro anni per omicidio colposo di Stephan Schmidheiny.
Nel 2015 al termine del primo processo la Cassazione aveva annullato la condanna a 18 anni del manager svizzero accusato di disastro ambientale doloso permanente e omissione di misure antinfortunistiche. Per Bruno Pesce, altro fondatore Afeva, “è una condanna mite, ma importante perché lo Stato afferma che non si uccide la gente per soldi”. Secondo la presidente dell'associazione, Giuliana Busto, “dopo la botta della Cassazione, anche una condanna minima è un inizio che dà speranza”.
“La sentenza – commenta la Cgil di Torino in una nota – pur relativamente mite, rappresenta un segnale incoraggiante, in un percorso lungo e accidentato, per restituire un po' di giustizia dopo l'incredibile conclusione del primo processo Eternit. Ed è una sentenza che parla anche fuori dai confini di quest'azienda, in quanto l'amianto continua a mietere vittime a distanza di decenni: di recente abbiamo assistito a sentenze contraddittorie e - come nel caso dell'Olivetti - decisamente sbilanciate a danno dei lavoratori”.