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Tutti i governi, a livello internazionale, devono “adottare con urgenza misure coraggiose” per il miglioramento delle condizioni e dei diritti delle donne. È quanto chiedono in una Dichiarazione congiunta (qui il documento integrale) le sindacaliste della Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC), dell'Internazionale dell'Educazione (EI) e dell'Internazionale dei Servizi Pubblici (PSI). Il documento, che fa il punto sull’attuazione della Piattaforma d'Azione di Pechino da una prospettiva sindacale, è stato indirizzato alla 59a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne, prevista dal 9 al 20 marzo 2015.
La Piattaforma d’Azione di Pechino (1995) “è il testo politico più rilevante e tuttora più consultato dalle donne di tutto il mondo”. E “costituisce uno spartiacque nella politica delle donne sul piano istituzionale”. Ma, a vent’anni dalla sua approvazione, le donne nei sindacati invitano i governi a “onorare gli impegni passati per affermare e sostenere il rispetto dei diritti fondamentali sul lavoro e specialmente per estendere l'accesso delle donne ad un'occupazione retribuita e ad un lavoro dignitoso”.
LE PRIORITA’
Tra le priorità, si legge nel documento, rientrano “investimenti in servizi pubblici di qualità che includano la cura dei figli e degli anziani, l'istruzione e la sanità, e che affrontino in modo realistico ‘l'economia di cura’; l'istituzione di solidi meccanismi di salario minimo per affrontare la crescente povertà dei lavoratori garantendo un salario dignitoso; i sistemi di protezione sociale di base conformemente alla raccomandazione dell'ILO n° 202 e alla convenzione n° 102 sulla sicurezza sociale, volti a garantire la fornitura dell'accesso universale alla cura sanitaria essenziale, la garanzia di assistenza alla maternità e di sicurezza sociale di base come la sicurezza di un reddito base per i figli, le persone anziane e le persone in età attiva che non riescono a guadagnare a causa della malattia, della disoccupazione, della maternità e della disabilità; le riforme del lavoro conformemente alle nome fondamentali dell'ILO e alle convenzioni sull'uguaglianza di genere”.
Occorre inoltre “eliminare la violenza di genere nel lavoro, anche attraverso l'adozione di una norma internazionale del lavoro. Rafforzare le istituzioni del mercato del lavoro, che includono la contrattazione collettiva, il dialogo sociale e gli ispettorati del lavoro che si sono dimostrati efficaci nel ridurre la femminilizzazione della povertà. Stralciare i servizi pubblici dagli Accordi per il Libero Scambio. Introdurre sistemi fiscali progressivi finanziati e applicati in modo adeguato, e fornire mezzi per l'autosufficienza economica a tutti i livelli”.
Ma l’elenco delle “vie da seguire” non si esaurisce qui. È anche fondamentale – si legge nella Dichiarazione – “collegare la riduzione della povertà alla crescita del reddito e dei salari per affrontare la disuguaglianza, garantendo che l'uguaglianza di genere e i diritti umani delle donne siano integrati nell'intero quadro dopo il 2015, e adottare obiettivi autonomi per una piena e produttiva occupazione e lavoro dignitoso per tutti, per sistemi nazionali di protezione sociale di base, istruzione e uguaglianza di genere. Devono essere inclusi obiettivi e indicatori al fine di valutare: i livelli salariali minimi dignitosi; la creazione di occupazione per le donne e gli uomini; la realizzazione delle componenti dei sistemi di protezione sociale di base; e un finanziamento adeguato (% del PIL) per sostenere l'attuazione del nuovo quadro di sviluppo sostenibile”.
LA SITUAZIONE
Le promotrici del documento ricordano che “le donne sindacalizzate guadagnano più delle non sindacalizzate e contribuiscono a negoziare salari più equi, il congedo di maternità e paternità retribuito e l'accesso alla protezione sociale attraverso la contrattazione collettiva e il dialogo sociale, nonché ad organizzare i lavoratori che non erano precedentemente sindacalizzati”.
Attraverso la contrattazione collettiva, il dialogo sociale e le campagne realizzate a livello locale e globale, le sindacaliste hanno compiuto progressi a favore dei diritti delle donne in alcuni settori critici individuati nella Piattaforma d'Azione di Pechino (BPfA), come: i diritti economici delle donne, che includono l'accesso all'occupazione, le risorse, i mercati e il commercio; l'eliminazione della segregazione occupazionale e di qualsiasi forma di discriminazione nel lavoro; l'accesso ai servizi pubblici di qualità; e promuovendo la conciliazione tra le responsabilità familiari e l'impegno lavorativo per le donne e per gli uomini.
“Tuttavia – si legge nella Dichiarazione – la maggior parte delle promesse della Piattaforma d'Azione non sono state mantenute: il 70% dei poveri nel mondo sono donne; il divario retributivo di genere a livello globale resta di quasi il 23%; le donne sono sovra rappresentate nelle mansioni di livello inferiore, scarsamente retribuite, concentrate nel lavoro informale, nel part-time, nel lavoro instabile e precario”.
“Il lavoro di cura non retribuito delle donne rimane ai margini dell'elaborazione delle politiche sociali ed economiche”, e “la distribuzione diseguale delle responsabilità di cura tra lo Stato e le famiglie e tra le donne e gli uomini continua ad impedire l'effettiva partecipazione delle donne alla forza lavoro e il loro accesso al lavoro dignitoso”.
“Milioni di ragazze - si legge ancora – non ricevono un'istruzione a causa della povertà, del lavoro minorile, delle barriere istituzionali e tradizionali, del matrimonio precoce, della mancanza di sicurezza andando o tornando da scuola, della mancanza di servizi sanitari separati, delle molestie sessuali e della violenza nelle scuole, delle gravidanze indesiderate e del sovraccarico del lavoro domestico”.
Le sindacaliste puntano il dito contro “l'indebolimento delle istituzioni del mercato del lavoro, le ulteriori misure di austerità e le politiche neoliberiste” perseguite in tutto il mondo negli ultimi anni: “Molte riforme che stanno per essere negoziate avranno un impatto negativo sulla regolamentazione futura di pubblico interesse, e rappresenteranno una minaccia seria per la democrazia perché i negoziati hanno luogo senza controllo parlamentare”.
Perciò “è necessaria una nuova architettura dell'economia globale e locale nella quale il lavoro dignitoso, l'accesso universale alla protezione sociale, un'agenda economica a favore della cura e della sostenibilità ambientale siano i punti cardine”. Le sindacaliste chiedono “ai responsabili politici un cambiamento coraggioso (…) dall'inazione a investimenti mirati e a riforme del lavoro volte a costruire un mercato del lavoro inclusivo che assicuri la parità di accesso delle donne a un lavoro retribuito e dignitoso, che includa la rappresentanza delle donne nel processo decisionale e l'accesso a servizi pubblici di qualità e ad un'istruzione di qualità”.