“Il Def, presentato oggi dal Consiglio dei ministri in carica, rivede al ribasso le stime di crescita dell’Italia, dando sostanzialmente ragione a noi, confermando che siamo il Paese che cresce di meno in Europa e che ha maturato un declino ben antecedente alla crisi del 2008”. Così Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, oggi ai microfoni di Economisti erranti, la rubrica di RadioArticolo1.

 

La ripresa degli ultimi anni presenta elementi di grande fragilità nel contesto nazionale e lo stesso Documento di economia e finanza prova a fare un focus sugli effetti che potrebbe avere lo shock protezionistico nel nostro Paese, prefigurando un quadro preoccupante di debolezza. Un’eventuale guerra di dazi, infatti, determinerebbe un impatto sul nostro Pil dello 0,3, poi dello 0,5 e successivamente dello 0,8%. E questo dato rappresenta un po’ lo specchio delle politiche economiche messe in campo negli ultimi anni”, ha affermato la sindacalista.

 Il taglio degli investimenti pubblici è stato pesantissimo durante la crisi, e "ci ha fatto e ci continua a far perdere tante occasioni". C’è una lieve ripresa degli investimenti privati, ma quelli pubblici vanno ancora più a picco. "Perciò, credo sarebbe opportuna una controffensiva sul versante delle politiche economiche e industriali, nonchè una serissima riflessione sulle politiche messe in campo, ma non mi sembra che il Def inverta la tendenza e, al contrario, si persegue in un’ottica che non ha dato risultati”, ha proseguito la dirigente sindacale.

Poi c’è la questione del debito, sia pur in lieve flessione rispetto all’anno scorso, ma sempre al 130%. "Il ministro Padoan si è dichiarato soddisfatto di tale piccola riduzione. Il fatto è che negli ultimi due anni abbiamo fruito di una serie di condizioni favorevoli: politica monetaria della Bce con il quantitative easing, il basso costo del petrolio, che ci hanno permesso qualche flessibilità di bilancio in più. Ora, però, abbiamo di fronte a noi alcuni obblighi che non possiamo assolutamente rimandare. Ad esempio, quello delle clausole di salvaguardia che per il 2019-20 ancora pesano consistentemente nel bilancio. In pratica, noi dovremmo trovare nella prossima legge di Bilancio 12 miliardi e mezzo per neutralizzare l’aumento dell’Iva, a partire dal prossimo anno, quando ci troveremo probabilmente con meno disponibilità, da parte dell’Unione, alle deroghe - mi riferisco alla questione migranti, al terremoto dell’Italia centrale, al deficit aggiuntivo - di cui abbiamo fruito negli anni scorsi”, ha aggiunto Fracassi.

Nel Def non si indicano i punti laddove intervenire per trovare le risorse necessarie alla neutralizzazione delle clausola sull’Iva, né si parla di politiche espansive che possono condurre il nostro paese in una fase diversa dall’attuale. "Mi riferisco ai due fronti dell’emergenza: il primo, quello del lavoro, che vuol dire anche disoccupazione - giovanile e femminile -. Intervenire sulla leva occupazionale ti consente di aumentare la domanda interna e determinare condizioni diverse. Il secondo fronte è quello del salario, come ribadisce lo stesso Def, anch’esso indispensabile per aumentare la domanda interna e migliorare la condizioni delle persone. E infatti la quota lavoro sul Pil è in diminuzione. Questo significa perdere di valore dei salari reali, e il tema della redistribuzione dei salari diventa centrale. Questo avrebbe dovuto fare il Def: cogliere i due elementi di emergenza e provare a delineare per i prossimi tre-quattro anni politiche che intervengano sull’occupazione, quindi creazione di lavoro, e sul lato salariale”, ha detto l’esponente Cgil.

In un allegato al Def si parla di aumento preoccupante delle diseguaglianze, di peggioramento dell’indice di povertà, nonostante l’introduzione di uno strumento come il Rei, di riduzione della produzione industriale. Allora credo che bisogna ripartire da qui, cioè la prossima legge di Bilancio dovrebbe concentrarsi sui bisogni delle persone, relativi alle condizioni materiali, al sostegno che le grandi reti pubbliche, impoverite, in primis sanità e istruzione, devono fare in un contesto del genere, e l’altro tema fondamentale è il lavoro. Insomma, bisogna fare alcune scelte e compiere una svolta che parli alle condizioni della gente, che abbia effetti sul lungo periodo su occupazione e temi sociali, che sono poi i due elementi su cui l’Italia marca da tempo un’emergenza, una necessità e un’urgenza di interventi”, ha concluso Fracassi.