Sono in tutto 5.340 lavoratori: è la forza lavoro impegnata nell’industria metalmeccanica palermitana. Operai cassintegrati o che lavorano in aziende dove le vertenze sono tuttora drammaticamente aperte. Si tratta dei 2.100 lavoratori della Fiat e dell’indotto, dove non è stata trovata ancora una soluzione industriale per il futuro dello stabilimento chiuso, dei 1.800 operai di Fincantieri e dell’indotto, senza commesse da dicembre, dei 420 del sito Italtel del comprensorio industriale di Carini, dei 370 della Keller, sempre a Carini, dei 100 lavoratori della Blue Boats di Termini Imerese. E delle aziende del comprensorio Italtel: i 55 in cassa integrazione e in mobilità di pali Italia e i 68 in mobilità della Effedi.

Fiom, Fim e Uilm davanti a una realtà fatta di aziende in liquidazione che chiudono, commesse che scarseggiano, gruppi che fuggono, chiedono la giusta attenzione. Al sindaco di Palermo Leoluca Orlando hanno inviato nelle scorse settimane un documento sullo stato di crisi dell’industria metalmeccanica, in cui si chiede l’apertura di un tavolo di confronto con il governo nazionale dove operare scelte di politica industriale. “L’industria – scrivono le sigle di categoria – rappresenta un’opportunità produttiva importante. Di fronte a questo stato di crisi aspettiamo un segnale”.

Il processo di ridimensionamento produttivo e occupazionale in corso in provincia di Palermo attraversa tutti i comparti, dall’aerospaziale alle telecomunicazioni. “È la conseguenza delle scelte di politica industriale dei grandi gruppi nazionali, che stanno portando avanti processi di ristrutturazione che vedono Palermo come terminale di crisi – dichiara Francesco Piastra, della Fiom palermitana –. Bisogna sostenere queste vertenze e avere un’interlocuzione con il governo nazionale, visto che ci sono gruppi, come Finmeccanica, che afferiscono a settori pubblici come Finmeccanica”.

“Tale ridimensionamento – si legge nel documento di Fiom, Fim e Uilm – sta comportando uno squilibrio socio-economico nel nostro territorio, ove si consideri che il rapporto tra le attività industriali in senso stretto e quelle del terziario, in relazione alla media nazionale, è inferiore del 50 per cento. Questo disequilibrio si sta sempre più accentuando, con gravi riflessi occupazionali e sociali. È pertanto necessario intervenire con misure e scelte di politica industriale nei vari comparti e nelle varie istituzioni, per promuovere il rilancio delle attività produttive allocate nella nostra provincia”.