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Il decreto sicurezza arriva alla Camera dei deputati per la sua approvazione definitiva, tramite il voto di fiducia preannunciato da parte del governo. Fibrillazioni e malumori tra i 5 Stelle sono destinati ad infrangersi contro il muro innalzato da Matteo Salvini, che non ha concesso alcun passo indietro agli alleati. Ma se in Parlamento e nel governo qualsiasi opposizione è messa a tacere, fuori dai palazzi la protesta sociale contro un provvedimento giudicato da più parti ingiusto e pericoloso continua.
"Fermatevi e cambiate il decreto sicurezza": è l'appello lanciato da associazioni e sindacati che organizzano per oggi, lunedì 26 novembre, alle ore 15 un presidio in piazza Santi Apostoli a Roma. "Venerdì scorso, in commissione Affari costituzionali, il dibattito è stato privato dei tempi necessari per discutere gli emendamenti - si legge in una nota firmata da Libera, Acli, Arci, Avviso Pubblico e Legambiente e dai sindacati Cgil, Cisl e Uil - presentati anche dai partiti della maggioranza al fine di modificare il decreto in alcuni degli aspetti che presentano quei profili di criticità, più volte sollevati sin dall'inizio e in contrasto con le garanzie dei diritti sanciti nelle convenzioni internazionali".
"In dettaglio – continuano le associazioni e i sindacati – destano grande preoccupazione le disposizioni relative alla protezione umanitaria e immigrazione, su cui anche il Consiglio superiore della magistratura ha rilevato aspetti di incostituzionalità – e che appaiono essere più come una risposta simbolica all'opinione pubblica che ai problemi concreti della protezione e della integrazione. Questo decreto che si appresta a diventare legge non promuove dignità, ma la toglie, ad esempio alle persone che hanno intrapreso un percorso di integrazione, lavorano in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato e in caso di diniego perdono il lavoro e il diritto di permanere sul territorio italiano, incentivando in tal modo sfruttamento e lavoro irregolare".
A "preoccupare fortemente" sindacati e associazioni sono poi le disposizioni relative all'ordine pubblico e alla sicurezza. "Materie che richiederebbero interventi di diversa natura mirati a favorire le politiche di inclusione sociale, a garantire il diritto all'abitare, alla salute e a tutti i servizi socio-sanitari per le persone in condizioni di povertà, fragilità ed emarginazione", scrivono Libera, Acli, Arci, Avviso Pubblico, Legambiente e Cgil, Cisl e Uil.
Per non parlare della vendita ai privati dei beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti, tramite aste pubbliche, anziché riutilizzarli per finalità pubbliche e sociali come prevede la legge n. 109/96. Un "messaggio culturale che va nella direzione sbagliata", affermano sindacati e associazioni, "favorendo inevitabilmente gli acquisti attraverso prestanomi dalla faccia pulita, come già evidenziato da molti magistrati. Non possiamo permettere che le ricchezze accumulate con denaro frutto del compimento di gravi reati ritornino nelle mani di chi li ha commessi. Tutto il maltolto deve diventare bene comune, rappresentando il segno del riscatto di un'Italia civile e responsabile, onesta e coraggiosa", conclude la nota.