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Il prossimo 2 dicembre la Cgil sarà in 5 piazze italiane per la mobilitazione a sostegno dello sviluppo e dell'occupazione, e per garantire un futuro ai giovani, a cominciare da quello pensionistico. Franco Martini, segretario confederale della Cgil, sarà nella piazza di Cagliari, “perché – ha ommentato ai microfoni di RadioArticolo1 – i conti non tornano, perché c'è un'impostazione della questione previdenziale che non è quella che noi avevamo dato con la piattaforma unitaria e con l'impegno che lo stesso governo aveva preso con il protocollo del settembre 2016 sulla fase 2.
“Il messaggio che vogliamo lanciare sabato – ha continuato Martini – è chiaro. Il governo affronta il tema della previdenza in funzione delle risorse disponibili, mentre noi vogliamo rovesciare il concetto, per costruire il sistema previdenziale di cui ha bisogno il Paese”. Per far questo, però, “servono risorse”, e “non è una cosa che si può fare dalla sera alla mattina”. Per la Cgil, infatti, bisogna “impostare una politica economica e finanziaria finalizzata al sostegno del sistema.”
“Il sistema previdenziale che vogliamo – ha aggiunto il segretario confederale di corso d'Italia -– deve garantire una pensione ai giovani. Oggi è questo il cuore centrale del problema. Ma deve anche riconoscere la condizione particolare delle donne, e quindi il lavoro di cura del quale si fanno carico. Deve essere un sistema previdenziale che continua a garantire il potere d'acquisto delle pensioni in essere, e che sia strutturalmente e non episodicamente capace di distinguere tra i lavori”.
“La Cgil – ha detto ancora Martini – non è così massimalista da ritenere che si sarebbe potuto disegnare questo cambiamento in una unica manovra finanziaria, ma avremmo comunque avuto bisogno di una direzione di marcia. E a noi pare che questa direzione non sia stata imboccata”.
Quello sulle pensioni, tra l'altro, è stato un epilogo inatteso, dopo un anno in cui era ripreso il dialogo tra governo Cgil, Cisl e Uil. Anche per questo, secondo Martini, la conclusione del confronto sulla previdenza, “suscita molta preoccupazione e non poche perplessità”. Perché il confronto “ha avuto dei passaggi importanti, come l'accordo con il quale abbiamo definito i nuovi comparti del pubblico impiego, che ha dato il via ai tavoli per i rinnovi contrattuali”. Quindi, “non c'è dubbio che con il governo Gentiloni si era invertita una tendenza che aveva negativamente condizionato il rapporto con le parti sociali”, ma ciò che è successo sulle pensioni è “l'ennesima prova di scarsa autonomia del nostro esecutivo dagli indirizzi di politica economica, finanziaria, ma anche sociale, che arrivano dall'Europa”.
“L'appuntamento del 2 dicembre – ha concluso Martini – serve anche a ridurre la distanza tra le persone in carne e ossa e chi dovrebbe occuparsi della loro condizione. Purtroppo anche il confronto sul tema della previdenza è stato ridotto a una discussione sui dettagli, sulle formule, con un linguaggio spesso distante dalla condizione reale delle persone. Per questo con la giornata di sabato, vogliamo anche arricchire la narrazione della problematica previdenziale, proprio con l'obiettivo di ridurre le distanze con il Paese reale. L'epilogo del confronto sulle pensioni è una parentesi negativa nel lavoro svolto con Cisl e Uil, ma non è un giudizio di merito. Dal giorno dopo il 2 dicembre ricominceremo a lavorare, perché la battaglia per un moderno sistema previdenziale che sappia parlare alla società di oggi e di domani non si può né condurre, né vincere da soli”.