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"Il governo chiami l'Eni e chieda il rispetto degli impegni assunti con i sindacati". Lo ha affermato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervenendo oggi (29 luglio) a Roma, al presidio di piazza Montecitorio nel giorno dello sciopero generale dell'Eni. L'esecutivo, ha detto dal palco, "deve esercitare il suo ruolo di azionista e impegnare l'Eni a rispettare gli accordi siglati".
Nel paese che cerca la ripresa, dunque, non è possibile consentire il disimpegno di un'azienda che occupa oltre 30.000 lavoratori. "Al governo - ha aggiunto Camusso - chiediamo che l'azienda rispetti gli impegni presi a Gela e a Porto Marghera, che si punti cioè a difendere l'occupazione. Se si avviano nuove produzioni, poi, queste non siano sostitutive della produzione chimica e della raffinazione".
"La prima cosa per Eni - ha spiegato - è che forse non bisognerebbe annunciare ogni due ore che si intendere vendere una ulteriore quota dell'Eni. Forse bisognerebbe dire che, essendo l'azionista di riferimento dell'Eni, si vogliono condizionare i piani industriali: e li si vogliono condizionare non solo per la politica estera, ma soprattutto per cosa succede nel nosto paese. Non va bene la linea della privatizzazioni, bisogna fare scelte diverse".
Camusso ha quindi proseguito: "Il governo chiami Eni e cominci a dire due cose: una grande azienda, a maggioranza da parte pubblica, non può che rispettare gli impegni firmati con le organizzazioni sindacali nell'ultimo periodo". "Eni non è un'azienda in crisi - ha puntualizzato -. É un'azienda che distribuisce dividendi e aumenta il suo fatturato e i suoi profitti sulla commercializzazione. Allora il governo rinunci per primo ai dividendi se questi si trasformano in investimenti, se questi si trasformano in piani di investimento e garanzie per l'occupazione e lo sviluppo ovunque ci siano impianti Eni".
In questi giorni "la vera ossessione del governo dovrebbe essere la difesa e la creazione di posti di lavoro", a suo avviso, investire sulle nuove opportunità come la green economy "è bene", ma "si può fare senza chiudere gli impianti esistenti". Nella vertenza dell'Eni "serve unitarietà delle organizzazioni sindacali ma anche dei lavoratori", compresi quelli dell'indotto.
Sono scesi in piazza centinaia di lavoratori, dopo lo sciopero e il corteo dei ventimila di ieri, 28 luglio, a Gela (guarda la fotogallery). E' stato lo sciopero degli addetti di tutte le aziende del Gruppo Eni (impianti di raffinazione, produzione e perforazione, impianti chimici e petrolchimici, sedi direzionali, depositi, uffici commerciali e amministrativi, aziende territoriali), oltre allo sciopero di due ore di tutti gli impianti di raffinazione presenti sul territorio nazionale. Oltre 30.0000 i lavoratori coinvolti nella protesta.
Oltre a quelli di Gela, dalla Sicilia sono anche arrivati lavoratori da Siracusa e Ragusa per fare sentire la loro voce di protesta contro il piano industriale del Gruppo Eni e il disimpegno dall’Isola. I siciliani che stanno partecipando alla manifestazione in piazza Montecitorio sono circa 500. “L'Eni torni sui propri passi – dice il segretario generale della Filctem Cgil Sicilia, Giuseppe D'Aquila, a Roma per la manifestazione - e rispetti gli accordi, aumenti anzi gli investimenti nell'ambito dell'eccellenza che il territorio e i lavoratori esprimono”.
I sindacati chiedono di difendere il sistema della raffinazione italiana, dopo la chiusura di tre raffinerie oltre alla drammatica situazione di Gela. Criticano duramente le posizioni dell'Eni su blocco di investimenti, scelte preoccupanti di ridimensionamento degli assetti industriali, occupazionali e della politica energetica del gruppo nel nostro paese. Insomma, “l'annuncio shock dell'Eni - hanno detto senza mezzi termini i segretari generali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil, Emilio Miceli, Sergio Gigli, Paolo Pirani - di mettere in discussione l'intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull'intero sistema industriale e occupazionale nel nostro paese, facendo terra bruciata sull'industria italiana. Questo il governo lo deve sapere, in primis il presidente del Consiglio”.
“Colpi di spugna - inoltre - su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, ecc.) sono inammissibili. Al governo abbiamo chiesto l'immediata convocazione di un tavolo negoziale (riunione che si terrà mercoledì 30 luglio al ministero dello Sviluppo Economico): se, come sostengono al ministero dello Sviluppo Economico, la politica industriale richiede anche di rivalutare l'intervento pubblico nell'economia, allora il governo chiarisca se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento”.