da Rassegna.it La riforma delle pensioni, con la cancellazione della riforma Fornero, è – insieme al reddito di cittadinanza – uno dei capitoli chiave del contratto di governo giallo-verde. Tuttavia – a due giorni dall'andata in aula della legge di bilancio – nel dettaglio si sa ancora molto poco e gli emendamenti presentati dal governo e dai relatori alla manovra non prevedono modifiche alla Fornero. “Effettivamente c'è una grande confusione – commenta Roberto Ghiselli intervenuto su RadioArticolo1 – che in parte dipende dallo scarto tra le promesse fatte in campagna elettorale e ciò che si è poi in condizione di fare. Un aspetto tanto più importante proprio perché si deve interloquire con l'Europa. È probabile che in questi giorni si stia tentando di lavorare sulle platee per ridurre i costi al fine di tagliare il deficit previsto al 2,4 per cento”. Non è facile, viste tutte le promesse lanciate in campagna elettorale. “Sicuramente – osserva il sindacalista – lo faranno facendo finta di non averlo fatto, provando a dare a intendere che quota 100 rimane e gli impegni vengano rispettati. Ad oggi, quello che concretamente si farà non è però dato di saperlo”. Ciò che trapela non convince i sindacati: “Il sottosegretario Durigon, ad esempio, fa riferimento a un intervento temporaneo, limitato a qualche anno, fra l'altro con delle decorrenze posticipate rispetto adesso; quindi è probabile che nel 2019 saranno molto pochi i lavoratori che potranno andare a riposo quota 100”. In ogni caso, quella di cui parla il governo è non solo una quota 100 che rischia di essere temporanea (si ipotizzano tre anni) ma che, a differenza di quella proposta nella piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil, “non parla alle donne, alle piccole imprese, al Sud, a chi ha lavori discontinui, e deboli, ai giovani e a chi svolge lavori gravosi e usuranti”. Obiezioni, spiega il sindacalista, “che valgono ancor di più se parlassimo solo di quota 41, cioè dei 41 anni di contributi necessari per poter andare in pensione”. Il riferimento è a un’altra ipotesi circolata in questi giorni, e cioè che dopo tre anni di quota 100 temporanea si potrebbe andare in pensione avendo maturato 41 anni di contribuzione a prescindere dall'età anagrafica. Chi invece non raggiungesse i 41 anni di contribuzione, dovrebbe aspettare l'età della pensione di vecchiaia, cioè 67 anni e qualche mese. “Ovviamente siamo d'accordo sul fatto che dopo 41 anni di lavoro si vada in pensione, ma spacciare questo come superamento della Fornero è troppo, è un vero e proprio bluff – chiosa Ghiselli –. Tra l’altro, è già difficile arrivare ai 38 anni di lavoro previsti per arrivare a quota 100, figuriamoci ai 41”. Molta confusione anche sul destino dell'Ape sociale, che va a scadenza, e che, seppur parziale, ha consentito a una serie di categorie di lavoratori più fragili di andare in pensione qualche anno prima con le agevolazioni a carico dello Stato. “Abbiamo mandato una sollecitazione al Parlamento e al governo per intervenire entro il mese di dicembre – ricorda il dirigente della Cgil –, il che si può fare solo nella legge di bilancio, cosa che al momento invece ancora non è accaduta. Non ci sarebbe inoltre alcun problema di copertura finanziaria”. Si possono infatti, grazie a un accordo fatto già lo scorso anno, utilizzare in automatico le risorse non utilizzate nel 2018. Dunque non si capisce il perché di questa ritrosia, “a meno che – attacca Ghiselli – il governo non voglia fare una sorta di cassa occulta sull'Ape e quindi mettere a risparmio quei soldi. Il che sarebbe davvero inopportuno”.
Pensioni: da quota 100 al nuovo scalone
Uno dei cavalli di battaglia del nuovo governo è ancora coperto da tanti misteri. La quadra non si trova e migliaia di persone vivono nell'incertezza di conoscere se e come potranno lasciare il posto di lavoro. Interviene Roberto Ghiselli, segreteria Cgil
4 dicembre 2018 • 11:21