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Sono trascorsi sessantatré anni da quell’assurda sparatoria su una folla inerme, riunita in piazza per manifestare democraticamente il suo dissenso. Era l’8 luglio del 1960 e Salvatore Novembre aveva solo vent’anni. Da giovane disoccupato, quel giorno uscì di casa anche lui, per unirsi ai manifestanti che a Catania si erano dati appuntamento per protestare contro il Governo Tambroni. Il giorno prima, a Reggio Emilia, la polizia aveva già sparato, assicurando alla storia la triste data di un eccidio. Salvatore era arrivato da Agira per cercare lavoro come operaio edile. “Novembre si trovò tra la folla dei manifestanti e venne colpito da proiettili sparati dalla polizia”.
A raccontarlo sono il segretario generale della Cgil di Catania, Carmelo De Caudo, e la segretaria dello Spi Cgil, Giuseppina Rotella. Il giovane venne poi lasciato morire dissanguato sul marciapiede di piazza Stesicoro. Il suo cadavere insanguinato venne rimosso senza rispetto, come ancora documentano alcune foto storiche, che hanno permesso di fissare la cronaca degli avvenimenti e trasformarla in memoria indelebile. “Non dimenticheremo mai i fatti di sangue dell’8 luglio 1960 e l’uccisione di quel giovane e incolpevole lavoratore – proseguono De Caudo e Rotella. - Ogni anno ne parliamo per mantenere viva la memoria e perché siamo certi che, ancora oggi, non tutti conoscano quella storia”.
In pochi, infatti, ricordano anche la manifestazione di protesta che si tenne a Catania in occasione del funerale di Novembre, ai quali partecipò l’allora segretario del Pci, Giorgio Napolitano. Nel 2015, la Cgil di Catania ha chiesto e ottenuto dall'amministrazione comunale la posa di una targa commemorativa nello stesso luogo dove il ventiquattrenne, "colpevole" di partecipare a una manifestazione di protesta, venne colpito a morte. “Non lo dimenticheremo mai - concludono De Caudo e Rotella - e soprattutto, continueremo a raccontare la sua storia a ogni anniversario e in ogni circostanza utile”.