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Cinquecentomila firme online. È il nuovo traguardo raggiunto dal referendum contro l’autonomia differenziata che oggi – sul portale dedicato – ha centrato l’obiettivo.
“Non ci sono solo le 500.000 firme digitali che abbiamo raggiunto oggi, in appena tre settimane, un record che va al di là delle nostre migliori aspettative – commenta Christian Ferrari, segretario confederale Cgil – ma anche le centinaia di migliaia di sottoscrizioni raccolte ai banchetti in tutta Italia, dalle città ai luoghi di vacanza. La Cgil sta facendo fino in fondo la sua parte e – insieme al larghissimo fronte di forze sociali, politiche e associative che sta promuovendo il referendum abrogativo della Legge Calderoli – non ha alcuna intenzione di fermarsi. Proseguiremo la nostra campagna anche a settembre”.
“Leggiamo che qualcuno ci chiede conto di questo nostro impegno su un provvedimento che, a suo dire, ha poco a che fare con gli interessi di lavoratori e pensionati. Evidentemente conosce poco e male la materia in questione – prosegue Ferrari – L’autonomia differenziata danneggia innanzitutto le persone che rappresentiamo, a tutte le latitudini: mettendo in discussione il contratto collettivo nazionale, frammentando la legislazione sulla sicurezza sul lavoro, favorendo la privatizzazione del Sistema sanitario nazionale, regionalizzando l’Istruzione pubblica, privando il welfare universalistico di risorse fondamentali, impedendo politiche industriali e investimenti nazionali decisivi per le prospettive del Paese. Il miglioramento delle condizioni materiali di vita e di lavoro delle fasce popolari passa dunque anche da qui, dall’abrogazione di una norma sbagliata e controproducente per l’Italia intera, non solo per il Mezzogiorno”.
Ci erano voluti solo undici giorni per arrivare alle firme necessarie a livello formale per il quesito che chiede l’abrogazione della legge Calderoli che istituisce l’autonomia differenzia, la “Spacca Italia”. Partita il 20 luglio – con i banchetti organizzati da Cgil, Uil e altre 32 organizzazioni che compongono il Comitato promotore – la battaglia si è dimostrata una vera festa della partecipazione e della democrazia. I risultati raggiunti dimostrano che i cittadini e le cittadine hanno compreso che l’autonomia differenziata fa male al Paese: al Nord, al Centro, al Sud.
La prima fase di questa battaglia per un’Italia unita, libera e giusta si concluderà il 30 settembre per poi cominciare la vera e propria quattro quesiti per la dignità del lavoro promossi dalla Cgil.
campagna elettorale che porterà alle urne per votare per il referendum contro l’autonomia differenziata e per i"In definitiva – conclude Christian Ferrari – l’iniziativa referendaria sull’autonomia differenziata è perfettamente complementare con i nostri quattro referendum popolari sul lavoro. Stiamo semplicemente facendo il nostro mestiere: chiederemo cinque sì per cambiare finalmente un modello di sviluppo ormai insostenibile sia socialmente che ambientalmente”.
L’autonomia danneggia il Paese
Sono 23 le materie, secondo la legge da abrogare, che ciascuna Regione può chiedere di amministrare in via esclusiva: dall’ambiente alla salute, dall’istruzione ai trasporti, dall’energia all’industria, dalla protezione civile alla ricerca scientifica, solo per citarne alcune. Il nostro Paese rischia di trasformarsi, da Italia unita a divisa in 21 pezzi che ragionano e governano ciascuno per sé. Dimenticando la Costituzione e la necessità di garantire a tutti uguali diritti.
Indebolisce il lavoro
L’autonomia differenziata mette in discussione il contratto collettivo nazionale di lavoro che rappresenta un pilastro dell’unità e della coesione del Paese. Si è già sentito di nuove parlare di gabbie salariali, se tornassero davvero sancirebbero un ulteriore impoverimento dei salari, già (diciamolo) poveri.
Sicurezza a rischio
La competenza legislativa su salute e sicurezza sarà in campo esclusivamente alle Regioni: ciascuna potrà decidere quanti e con quali requisiti ispettori assumere, come organizzare ispezioni e prevenzione. Il tutto in una competizione al ribasso sulla pelle di lavoratori e lavoratrici.
Scuola differenziata
Ogni Regione potrebbe assumere gli insegnati che vuole e decidere i programmi scolastici. A pagarne le spese sarebbero gli studenti e le studentesse di oggi che hanno diritto a un’istruzione nazionale, aperta al mondo.
Privatizzazione della salute
Aumenteranno le differenze per l’accesso ai servizi sanitari a seconda della regione di appartenenza. I divari cresceranno e solo chi avrà le risorse potrà curarsi; gli altri no. Sarà più veloce il processo di smantellamento del Servizio sanitario nazionale e la privatizzazione della salute.
Addio al welfare pubblico
La legge Calderoli prevede che il “residuo fiscale” rimanga alle Regioni più ricche cancellando i due principi fondanti della nostra società: la tassazione progressiva proporzionata al reddito e il sistema di welfare pubblico e universale fondato sul principio di solidarietà per redistribuire la ricchezza prodotta dal Paese.
Frena lo sviluppo
È immaginabile nel 2024 in un mondo dall’economia e dalla finanza senza confini, che ciascun territorio decida per sé su energia, reti e infrastrutture, porti e aeroporti, telecomunicazioni, ambiente, ricerca scientifica, commercio estero, rapporti con l’Ue? Succerebbe inevitabilmente che ci si metterebbe in competizione gli uni con gli altri, e che nella dimensione sovranazionale l’Italia conterebbe sempre meno. Il risultato sarebbe minare ulteriormente e definitivamente il sistema economico e lo sviluppo del Paese.
Distrugge le politiche ambientali
Se esiste materia che non può essere frammentata è quella delle politiche ambientali. La sfida dei cambiamenti climatici o viene affrontata tutti insieme, anche oltre i confini nazionali, o abbiamo perso tutti.