Manca solo una settimana alla consegna in Cassazione delle firme raccolte in calce al referendum abrogativo della legge Calderoli: nonostante un mese in meno di quelli previsti, l’obiettivo legale di 500mila firme è stato abbondantemente raggiunto, anzi probabilmente raddoppiato. Basti pensare che le 500mila sottoscrizioni necessarie perché il quesito venga accettato e sottoposto al vaglio di ammissibilità della Corte sono state raccolte un poco più di 15 giorni. La voglia di partecipare e di far sentire la propria voce non manca, la consapevolezza che quella norma scasserebbe il Paese è alta.

Nessuno si illude, però, che la via del raggiungimento del quorum all’appuntamento con le urne sia facile: per questo non solo la raccolta continua ma anche le iniziative per ragionare e informare cittadini e cittadine.

L’ultima in ordine di tempo è stata una vera e propria maratona: l’ha organizzata il Forum Diseguaglianze e Diversità lo scorso 17 settembre nei locali della Fondazione Basso a Roma. “Contro l’Autonomia differenziata. Firmare oggi è importante, votare e fare votare domani è decisivo. Le tante ragioni per dire sì al Referendum”.

Perché sì al referendum

Illustrando le ragioni dell’iniziativa Andrea Mormiroli e Fabrizio Barca, co-coordinatori del Forum, spiegano perché la legge va abrogata e quindi perché continuare a firmare: “Esistono tante ragioni per sostenere che la legge sull’autonomia differenziata è pessima e può arrecare gravi danni al Paese. Innanzitutto non garantisce in alcun modo ai cittadini e alle cittadine che l’autonomia verrà attribuita alla loro Regione solo se capace di accrescere l’efficacia dell’azione pubblica, perché nel testo mancano criteri e indicatori per la valutazione”.

Come evidente questa non è affatto una sottolineatura di poco conto: qualunque politica pubblica deve essere attuata solo nell’interesse di cittadine e cittadine e non per assecondare interessi politici di parte. E le stesse regioni subiranno degli effetti niente affatto positivi dall’attuazione dell’autonomia, basti pensare che mentre si pensa a reti di trasporto europee e a pianificare gli approvvigionamenti energetici a livello continentale, quella norma devolverebbe queste competenze alle singole regioni frammentandole e indebolendole.

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Alla fiera delle diseguaglianze

I due co-coordinatori, però, insistendo nell'evidenziare un altro pericolo, che porta con sé il rischio di una vera e propria violazione della Costituzione, sostengono che la legge Calderoli: “Può gravemente mettere a repentaglio la natura universale e l’uguaglianza dei servizi fondamentali, deresponsabilizzando lo Stato a livello nazionale. E ancora: non offre adeguate garanzie di perequazione a favore di Regioni con minore imposte pro-capite creando le basi per aggravare la spaccatura del Paese in termini di qualità dei servizi, in barba agli articoli 2 e 53 della Costituzione. E i Lep, in assenza di ‘maggiori oneri’ o assicurando ‘invarianza finanziaria’, non sono una garanzia. Infine: crea ostacoli burocratici aggiuntivi per la tutela del lavoro e l’azione delle imprese multiregionali; indebolisce la capacità di coordinamento a livello nazionale e la partecipazione a interventi di scala europea; incita alla competizione tra Regioni”.

Diseguaglianze di oggi, zavorra sul futuro

Istruzione e formazione sono la vera scommessa su se stesso che ciascuno può fare. Ed è la scommessa che il Paese dovrebbe giocare e cercare di vincere, per avanzare e ambire a rimanere tra i grandi del mondo. I divari dei livelli di istruzione tra i diversi territori sono una delle ragioni che han fatto arrivare all’Italia la quota maggiore dei fondi del Next Generation Eu. Ebbene, non solo siamo già fanalino di coda in Europa in termini di investimenti in educazione, ma negli ultimi anni c’è stato un progressivo disinvestimento dalla filiera dell’istruzione, che ha interessato soprattutto le regioni del Sud (dati Cpt sulla spesa pubblica settoriale 2000-2020 – Settore Istruzione, aprile 2023): tra il 2008 e il 2020 meno 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord (-11,2%). Ancora più marcato il differenziale a svantaggio del Sud nella spesa per investimenti, calati di quasi un terzo contro “solo” il 23% nel resto del Paese.

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C’è chi abbandona

Una ragazza o un ragazzo che oggi ha tra i 18 e i 24 anni su dieci (10,5%) ha abbandonato prematuramente gli studi (dati Eurostat 2023). E i divari territoriali sono ampi: le regioni del Sud e le isole presentano livelli di dispersione scolastica tra i più alti nel contesto europeo, con un tasso di Early School Leavers (ESL) del 17,3% per la Sardegna, del 17,1% per la Sicilia e del 16% per la Campania (Istat, Rapporto Bes 2023, 2024). Il quadro è completato dalla percentuale di bambini e adolescenti in povertà assoluta, che in Italia supera il 14%, con un'incidenza dell’11,4% al Centro e del 16,1% nel Mezzogiorno (Istat 2022).

Che succederebbe se, come richiesto con vigore dai presidenti di Lombardia e Veneto l’istruzione dovesse finire regionalizzata? E magari anche il reclutamento degli insegnati dovesse finire nelle loro mani, per altro facendo così anche saltare il contratto collettivo nazionale di lavoro? E siamo sicuri che a rimetterci sarebbero solo i ragazzi e le ragazze del Sud? Quelli del Nord non rischierebbero di avere una istruzione impoverita e ristretta?

Lo studio

Le cronache di Tg e giornali ci rimandano una sanità in crisi d’aria. Mariella Volpe, economista e membro dell’Assemblea del ForumDD, nel corso dell’iniziativa ha presentato tre focus tratti da uno studio ben più corposo su autonomia differenziata e difficoltà di accesso ai servizi. I tre focus sono – ovviamente – sui settori più sensibili, quelli che correrebbero i rischi maggiori se malauguratamente quella legge entrasse davvero in funzione. Di istruzione abbiamo detto, ovviamente rimangono la sanità, e l’assistenza agli anziani non autosufficienti.

Parliamo di sanità

Solo alcuni esempi parzialissimi. Dai dati del Rapporto Ahead di Cittadinanzattiva, emerge ad esempio che Asti e provincia contano meno pediatri per numero di bambini rispetto alla media nazionale (1.813 bambini per professionista contro una media nazionale di 1.061, con la normativa che ne prevede circa 800). Nella provincia di Bolzano ogni medico di medicina generale segue in media 1.539 cittadini contro la media nazionale è di 1245 e con la normativa che fissa il rapporto a 1/1.500. Con l’autonomia differenziata la Lombardia potrebbe pagare di più i propri medici; e se il Piemonte, più povero, non riuscisse a emularla si troverebbe a dover fronteggiare un’ulteriore carenza di medici.

Anziani senza assistenza

Secondo la professoressa Volpe, rispetto all’assistenza agli anziani non autosufficienti, l’autonomia differenziata priverebbe l’Italia di ogni speranza di una riforma unitaria sul settore, attesa da 20 anni, in un Paese che oggi investe molto meno di tanti altri paesi Ue per il longterm care: il 10,1% dell’intera spesa sanitaria pubblica a fronte del 26,3% della Svezia, del 24,8% dell’Olanda, del 24,3% del Belgio, del 18,2% nel Regno Unito e del 16,3% in Germania.

Errare è umano, perseverare diabolico

Siccome le diavolerie poco ci piacciono, esiste un modo per evitare che l’autonomia differenzia di Calderoli dispieghi tutte le conseguenze nefaste della sua entrata in vigore: continuare a sottoscrivere il quesito referendario nei banchetti organizzati in tutto il Paese dalla Cgil, insieme alle altre associazioni e organizzazioni politiche e sindacali che compongono il comitato promotore, e anche online cliccando qui. E in primavera andare a votare si all’abrogazione della legge.

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