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Sono davvero tanti: ben 205 sono docenti di diritto pubblico, amministrativo e costituzionale, insegnano in tutte le università del Paese, dalle Alpi allo stretto di Sicilia. Hanno sottoscritto un Documento che sostiene l’incostituzionalità della Legge Calderoli. Certo, detta così sembra un’affermazione un po’ “grossa”, eppure nel documento è ben spiegato e articolato.
Eccezione o norma?
La Legge Calderoli è o dovrebbe essere l’attuazione dell’articolo 116 della Costituzione, l’articolo 1 comma 1 della legge n. 86 del 2024 su “l’autonomia differenziata” recita: “Definisce i principi generali per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Ebbene, secondo i 205 questo è il primo punto di criticità o di incostituzionalità. Secondo quell’articolo della Carta cui la 86/2024 dovrebbe dare attuazione, esiste: “La possibilità di un limitato ampliamento dei poteri di una singola Regione per soddisfare specifiche esigenze territoriali e in via di eccezione rispetto alla disciplina del Titolo V della Costituzione”.
Invio surrettizio all’autonomia
Secondo i sottoscrittori del documento, dunque, per come è scritta la Calderoli si assiste a una sorta di incitamento all’autonomia, che in Costituzione è invece concepita come limitato ampliamento dei poteri per esigenze straordinarie. Sostengono i docenti: “La legge risulta così improntata ad un principio antitetico rispetto a quello del titolo V: sembra voler far diventare regola quella che nell’art. 116 è chiaramente concepita come eccezione”. Non solo, per chi non avesse capito c’è un’esplicitazione: “Non c’è niente, nell’art. 116 ed in genere nel Titolo V che possa fornire base ad una legislazione che tende a costruire “l’autonomia differenziata” come una sorta di “principio generale”.
Il ruolo del Parlamento
I padri costituenti vollero la nostra una Repubblica parlamentare: la sovranità appartiene al popolo che si esercita attraverso Camera e Senato. Calderoni e i partiti di destra che hanno approvato la legge sembrano essersene dimenticati, visto che proprio il Parlamento è stato sostanzialmente esautorato nel processo di assegnazione della autonomia alle regioni. Le intese infatti vengono stipulate con la presidenza del Consiglio, le aule parlamentari al più le ratificano.
Così non va
Scrivono gli esperti: “Secondo Costituzione l’Autonomia differenziata dovrebbe essere attuata con atto del Parlamento, e in particolare con una legge approvata a maggioranza assoluta, per evitare l’emarginazione delle forze politiche non appartenenti alla maggioranza di governo”. Per chi non volesse capire ecco una sottolineatura esplicativa: “I ruoli vengono capovolti: al Parlamento si riconosce solo il compito di “ratificare” l’”intesa” con la Regione sostanzialmente decisa dal governo”.
E poi i Lep
Questo è un vero pasticcio: da un lato si assegna sempre al governo gli atti che definiscono i Livelli essenziali delle prestazioni, dall’altro si sottraggono però alla definizione dei Lep alcune materie regionali. Perché? Per non parlare della definizione dei costi, da un lato la legge prevede che si attui l’autonomia differenziata a invarianza di spesa, dall’altra però manca appunto una reale valutazione dei costi. Si legge nel documento: “L’idea che si tratti di una riforma a costo zero è priva di fondamento”.
Il trucco forse c’è ma non si vede
Come noto esiste una Commissione guidata da Sabino Cassese, che ha il compito di definire i Lep e i relativi costi; esiste poi una sottocommissione di 12 componenti che deve definire i criteri per la definizione dei costi e un’altra commissione tecnica che dovrà sulla base di quei criteri definire i fabbisogni essenziali, ciò le risorse che servono. Se come pare i criteri saranno legati alle specifiche differenze territoriali, chiamasi gabbie, il gioco sarà fatto. Se il costo della vita in Calabria e Campania sarà considerato inferiore a quello di Veneto e Lombardia, basterà fotografare l’esistente con buona pace dei diritti uguali per tutti e tutte previsti dalla Costituzione.
La conclusione è una soltanto
“Tutto questo non ha nulla ha a che vedere con “l’autonomia differenziata” dell’art. 116 Costituzione ma, prima ancora, non ha a che fare con un’autonomia regionale autenticamente realizzata”, affermano gli estensori del documento. Che aggiungono: “Alla base dell’intera impalcatura del nostro regionalismo è posto un principio di solidarietà e di leale collaborazione. Il disegno che scaturisce da questa legge è diametralmente opposto. Spacca l’Italia: divide le Regioni e costruisce i presupposti per una diversificazione delle prestazioni essenziali garantite ai cittadini”.