Non è vero che in Italia gli scioperi sono selvaggi: il diritto di sciopero ha norme precise che sindacati e lavoratori rispettano. Non è vero che i cittadini non sono tutelati: la regolamentazione è tale da garantire sempre il contemperamento dei diritti a tutela degli utenti. 

Non è vero che nel nostro Paese si sciopera continuamente: negli ultimi tempi il calendario è fitto, bisogna ammetterlo, ma tocca vedere chi ha proclamato l’astensione e quanti aderiscono. L’effetto annuncio spesso fa il resto.

Diritto di sciopero sotto attacco

Contro lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil per venerdì 29 novembre, otto ore di stop in tutti i settori per l’intero turno, per cambiare la manovra economica del governo Meloni e le politiche sbagliate in materia di lavoro, si sono scatenate critiche, condanne, attacchi. Come se scioperare fosse un divertimento per i sindacati e per i lavoratori, che oltre a protestare e scendere in piazza per questioni che riguardano tutti (un diritto sancito dalla Costituzione), si vedono decurtare lo stipendio di una giornata di lavoro (è bene ricordarlo). Ma tant’è, sembra che le ragioni dei lavoratori (solo le loro, ovvio) siano sempre pretestuose.

Rilievi e osservazioni

Tutto nasce dai rilievi e dalle osservazioni sul 29 novembre fatte dalla Commissione di garanzia, che ha invitato i sindacati a revocare lo sciopero in alcuni settori, trasporto ferroviario, sanità, personale del ministero della Giustizia e, notizia di ieri sera, a ridurlo a quattro ore per il trasporto passeggeri. Da premettere che lo sciopero generale, a differenza di quelli di settore, per le sue caratteristiche peculiari e per il valore sociale che gli è riconosciuto, è sottratto dalla disciplina comune e ha una disciplina speciale: ha procedure di vantaggio e può evitare passaggi previsti per gli scioperi normali.

Servizio ferroviario esentato

“Sulla base dei criteri stabiliti nella disciplina speciale, abbiamo aderito all’invito di esentare il settore del trasporto ferroviario – spiega la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli -, perché condividiamo i rilievi della Commissione, che sono coerenti da un lato con la regolamentazione di settore e dall’altro con i dati storici sull’esercizio del diritto di sciopero. Non riteniamo però condivisibili le osservazioni sul personale del ministero della Giustizia, nell’ambito della Sanità abbiamo ritenuto di non dare seguito all’invito, in considerazione della sua ampia e articolata organizzazione e della sua composizione”.

Le ragioni che sono dietro a queste decisioni della Cgil sono tecniche e piuttosto ostiche per chi non mastica leggi e regolamenti. Resta il fatto che gli inviti della Commissione sono tali e vanno valutati tenendo conto della disciplina speciale riconosciuta allo sciopero generale.

Lo sciopero selvaggio non esiste

“Ci troviamo nella strana situazione in cui la continua invocazione alla precettazione da parte di ministri  – continua Gabrielli – e l’effetto annuncio alimentano un clima tossico dove è più facile e fa maggiore presa parlare delle presunte pratiche selvagge invece che delle ragioni della conflittualità”.

Sempre più difficile scioperare

La verità invece è che è più difficile esercitare il diritto di sciopero come si sta determinando in particolare sullo sciopero generale. “Per la confederazione e per le sue categorie è diventato sempre più complicato scioperare – conclude la leader sindacale -. Che sia perché un’azienda chiude, perché non rinnovano il contratto nazionale o l’integrativo, perché non pagano gli stipendi, i lavoratori dei servizi pubblici essenziali hanno sempre più difficoltà a usare lo strumento dello sciopero per rivendicare i loro diritti e protestare per le loro condizioni. Le limitazioni sono forti e spesso alcuni meccanismi vengono usati in maniera strumentale. Questo va contro gli interessi dei lavoratori e noi non ci stiamo”.