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Quando siamo sui social network spesso sembra di assistere a veri e propri scontri tra bande. Oggi sappiamo che è proprio così. Ne parla Walter Quattrociocchi, coordinatore del Lab di Data science e Complexity all’università Ca’ Foscari di Venezia, considerato uno dei maggiori esperti italiani di nel tema, in un suo recente intervento ospitato su Agi digitale, nel quale presenta il risultato di uno studio condotto insieme al professor Luciano Pietronero. Quattrociocchi ha recentemente pubblicato insieme alla giornalista Antonella Vicini “Liberi di crederci. Informazione, internet e post verità”, che verrà presentato alle Giornate del lavoro di Lecce giovedì 13 settembre: da tempo indaga sui meccanismi che influenzano l’opinione pubblica sui social.
Secondo il suo studio, il primo fenomeno da tenere presente è il cosiddetto “pregiudizio di conferma”. Quando ci formiamo un’idea, per esempio che l’attentato alle Torri gemelle sia stato una messa in scena e che in realtà le strutture siano state fatte collassare con cariche esplosive, istintivamente tendiamo a seguire quella narrazione e a prestare ascolto a chi la pensa come noi, rifiutando tesi contrapposte, di fatto non ascoltandole nemmeno. “Abbiamo trovato consistenti evidenze empiriche del fatto che gli utenti online tendono ad affezionarsi, meglio, direi proprio a sposare una specifica narrazione - scrive Quattrociocchi-. In questo modo (...) tendono a riconoscersi e a formare così gruppi omogenei all’interno dei quali si coopera proprio al fine di rinforzare la narrazione a cui si è scelto di aderire, per esempio quella a favore della scienza, o, al contrario, quella complottista”.
Così su Facebook tenderemo a leggere e a interagire con chi ha sposato la tesi del complotto e non la versione ufficiale, e nell’interazione ovviamente rafforzeremo la convinzione della giustezza della nostra idea. Nel suo ultimo lavoro Quattrociocchi ha fatto un passo in avanti e ha scandagliato i meccanismi che amplificano l’effetto di un post o di un tweet e quindi di una tesi. “Abbiamo osservato che le pagine che hanno un alto impatto portano a commentare anche utenti che non sono particolarmente attivi. È come se chi grida di più riuscisse a svegliare e ad attivare più utenti”. Quindi a dare maggiore forza a quella tesi e a polarizzare maggiormente le parti contrapposte. Qualcosa di molto simile, sembrerebbe, alla trasformazione della comunicazione politica degli ultimi anni. Chi più grida, maggiormente polarizza. E contrappone.
In Cgil ne abbiamo avuto un’esperienza da manuale durante il duro confronto con Matteo Renzi sul Jobs Act. La narrazione, le parole scelte e usate dall’ex presidente del consiglio per contrastare l’opposizione della Cgil al Jobs Act stesso e alla cancellazione dell’articolo 18, ha fatto inizialmente leva sul malcontento giovanile per l’assenza di opportunità professionali. Ha insistito sul ruolo di difensori dello status quo dei sindacati descritti come obsoleti, rappresentanti dei pensionati, incapaci e non interessati a interpretare i bisogni di chi cerca lavoro ma solo di chi ha già un lavoro.
I gufi, il gettone, la presa in carico della ipotetica “precaria Marta” che puntando il dito contro la Cgil diceva “Voi dov’eravate?” agiva esattamente secondo la dinamica “polarizzante” descritta da Quattrociocchi. Quella contrapposizione forzata tra tutelati e non tutelati, nei fatti spesso tra genitori e figli, ha distolto l’attenzione generale dal vero obiettivo che non era riconoscere maggiori tutele a chi non ne aveva ma divide un gruppo omogeneo, i lavoratori intesi come categoria sociale, per spuntare le armi dell’unica organizzazione che si stava opponendo a quel progetto. Quel “dove eravate”, tanto efficace quanto fuorviante dal momento che non è la Cgil a votare i provvedimenti in Parlamento, non a caso resta ancora oggi sui social come prima reazione degli utenti online a notizie dal forte impatto emotivo, come quelle sugli incidenti mortali sul lavoro o sui dati sulla precarietà in aumento. Un vero paradosso, se ci pensate.
La strada suggerita da Quattrociocchi per difendersi da questi meccanismi è principalmente una: maggiore senso critico, maggiore consapevolezza. “In questo gioco di contrasti - commenta Quattrociocchi nel suo intervento - non vince nessuno, perdiamo tutti, e la rabbia non si placa, anzi aumenta”. L’intervento integrale di Quattrociocchi è consultabile qui.
Esmeralda Rizzi è responsabile social media Cgil nazionale