Era l’8 marzo del 1972 e per la prima volta nella storia le donne italiane scendevano in piazza per la Giornata internazionale della donna. Oggi siamo ormai abituatɜ a vedere l’8 marzo come una giornata di lotta e mobilitazione, eppure non c’è stata un’effettiva continuità dagli anni 70. Infatti, dopo le rivolte del ‘68, possiamo rintracciare in Italia –e non solo – un riflusso nella sfera privata che ha visto l’abbandono dell’utilizzo della mobilitazione di piazza come strumento di lotta e rivendicazione.

Dal 2016 il ritorno in piazza

Se oggi siamo tornatɜ a riprenderci le strade in questa giornata è anche grazie al movimento per lo sciopero femminista che ha preso piede in Polonia nell’ottobre del 2016: migliaia di donne sono scese in piazza per manifestare il loro dissenso contro un governo che voleva imporre un divieto pressoché totale all’interruzione di gravidanza. Per farlo ha scelto uno degli strumenti prìncipi del sindacato, lo sciopero, usandolo però a fini politici. La forza della mobilitazione polacca arriva fino all’Argentina quello stesso mese, con lo sciopero contro la violenza di gruppo e il femminicidio di Lucia Pérez, proclamato al grido di “Ni una menos” (Non una di meno).

L’ondata femminista è diventata rapidamente marea consolidandosi come movimento internazionale e indicendo la manifestazione dell’8 marzo 2017, che voleva rivendicare e riconsegnare, finalmente, il valore politico ormai perso alla Giornata internazionale della donna e dare ufficialmente luce alla quarta ondata transfemminista.

La testimonianza di Yamile Socolovsky

Ci siamo fatte raccontare tutto questo da Yamile Socolovsky, militante sindacalista della Confederazione Generale del Lavoro (Cta-T) in Argentina. Ha vissuto l’onda verde in prima persona, partecipando attivamente al movimento femminista del suo Paese. Ci ha spiegato che il movimento di Ni una menos è nato, appunto, in risposta al numero consistente di femminicidi nel Paese – all’epoca un femminicidio ogni 30 ore, ha dichiarato – nell’ottobre del 2016, portando nelle piazze argentine una moltitudine di soggetti sociali, tra cui il sindacato.

Una differenza sostanziale della quarta ondata transfemminista, rispetto al passato, è proprio l’utilizzo di uno strumento prettamente sindacale come quello dello sciopero. Yamile ha spiegato, infatti, che le stesse organizzazioni sindacali in Argentina hanno partecipato alla nascita del movimento di Ni una menos, tuttavia non da protagoniste, proprio a causa delle discussioni interne sull’appropriazione dello sciopero come strumento di lotta e conflitto femminista. Il processo di partecipazione del sindacato è arrivato al suo apice l’8 marzo del 2017, superando le divisioni e maturando la consapevolezza che l’utilizzo di tale strumento ha reso possibile una contaminazione centrale: portare finalmente il tema del lavoro all’interno del dibattito femminista argentino, prima quasi del tutto assente. “Tutte siamo lavoratrici” è l’affermazione che si è fatta strada, accendendo i riflettori sul lavoro riproduttivo e di cura.

Il movimento argentino si presenta ricco di una moltitudine di soggetti e organizzazioni che lo animano, portando avanti una dinamica di dialogo reale. Questa sua natura, dice Yamile, era necessaria in quanto il movimento, sin da subito, si è posto l’obiettivo ultimo di generare istituzionalizzazione e avere un impatto trasformativo attraverso e all’interno delle istituzioni. Lo sciopero transfemminista voleva e vuole essere uno strumento di cambiamento reale della società, in Argentina come altrove.

L’8 marzo ha un valore politico

Con la quarta ondata transfemminista ci siamo riprese le piazze e le strade di tutto il mondo, dando luce a un movimento per la prima volta non solo internazionale ma anche intersezionale. L’otto marzo ha riacquisito il valore politico che non avrebbe dovuto perdere, trasformandosi in una giornata di lotta e rivendicazione contro la violenza patriarcale, non più legata ad una visione separatista e binaria ma che vuole dar voce e spazio a tutte le soggettività oppresse e marginalizzate.

Proprio all’interno dell’idea intersezionale le differenze vengono riconosciute, creando dei femminismi che aspirano a tenere insieme, a convivere ed a rappresentare chiunque oggi non si riconosce in un sistema di sfruttamento e vessazione.

Per questo, per altro, per tutto, sabato 8 marzo 2025 saremo in piazza.