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L’8 settembre 1943 comincia la Resistenza al nazifascismo, una Resistenza declinata, erroneamente e per troppi anni, esclusivamente al maschile. I compiti ricoperti dalle donne durante la Resistenza sono molteplici e il loro ruolo si differenzia in base al periodo cronologico e al luogo in cui esse si trovano.
Oltre che assistere i feriti e gli ammalati e contribuire alla raccolta d'indumenti, cibo e medicinali, le donne partecipano portando il loro contributo alle riunioni politiche e organizzative e all’occasione sanno anche cimentarsi con le armi. Ricoprono tutti i ruoli: sono staffette, portaordini, infermiere, dottoresse, vivandiere, sarte; diffondono la stampa clandestina, trasportano cartucce ed esplosivi nella borsa della spesa, sono le animatrici degli scioperi nelle fabbriche, hanno cura dei morti.
Nella Resistenza non sono moltissime le combattenti vere e proprie, ma non mancano esempi in tal senso. Atti di sabotaggio, interruzione delle vie di comunicazione, aiuto ai partigiani, occupazione dei depositi alimentari tedeschi, approntamento di squadre di pronto soccorso sono solo alcuni dei compiti portati avanti con coraggio e tenacia dalle donne, cui bisogna aggiungere anche la loro attività di propaganda politica e di informazione. Il loro contributo non si limita alle azioni dirette: le donne partecipano ai grandi scioperi del Nord, di più, li organizzano, sostituiscono i loro uomini quando chiedono pane, vestiti, carbone, migliori condizioni che mitighino la durezza del conflitto armato.
E muoiono in quelle manifestazioni. A Imola, il 29 aprile 1944, più di trecento donne si radunano nella piazza del mercato per riversarsi davanti al municipio a reclamare il pane, i grassi previsti dal razionamento e la fine della guerra. I militari sparano sulla folla e Maria Rosa Zanotti e Livia Venturini rimangono a terra uccise.
“Stamattina - scriveva sul proprio diario una testimone - in Piazza Vittorio Emanuele, sotto il balcone del Municipio, si sono riunite un centinaio di donne, popolane e contadine, per protestare per la mancanza di generi alimentari. Infatti si fa la fame, perché non distribuiscono neanche più gli alimenti tesserati. Ero in ufficio in Via Garibaldi, sono uscita per andare alla banca. Passando da Via Mazzini ho sentito un gran vociare e mi sono incamminata verso la piazza, imboccando la Via Aldrovandi fino alla Chiesa del Suffragio. Le donne erano dall’altra parte. Lì vicino a me c’era tanta gente. Le donne urlavano contro le autorità perché volevano cibo per i loro figli. Urlavano che il mercato nero era una vergogna. E’ passato un po’ di tempo e circa alle 11 la situazione è precipitata. I vigili del fuoco hanno avuto ordine dai fascisti di azionare gli idranti contro le donne e contro la folla che occupava la piazza. Io mi sono tirata indietro ma sono rimasta lì. Nel fuggi fuggi generale i militi repubblicani hanno sparato diversi colpi, e alcuni proprio contro le donne, colpendone una mortalmente e l’altra gravemente. Mi sono avvicinata al portico dove sono i negozi Fiorentino, e proprio lì davanti, sul selciato della Via Emilia, in una pozza di sangue c’era una donna morta e accanto a lei una giovane, penso fosse la figlia, urlava disperata”.