PHOTO
Il 6 aprile 1924 si svolgono in Italia le elezioni politiche per l’elezione della Camera dei deputati. Alla consultazione partecipano 23 liste con 1.306 candidati. Oltre alla Lista nazionale (nota anche come “listone”) e alla Lista nazionale bis, si presentano sette liste liberali e quattro liste democratiche di opposizione, due liste socialiste, due liste autonomiste e una lista ciascuna per popolari, comunisti, repubblicani, demosociali e agrari.
Il 30 maggio 1924, al momento di convalidare le decisioni della giunta delle elezioni, diversi parlamentari di minoranza segnaleranno proteste per le modalità di voto in alcune circoscrizioni (Abruzzi, Campania, Calabria, Puglie e Sicilia), presentando una richiesta per il rinvio degli atti alla giunta. La richiesta sarà negata dalla Camera e sarà approvata in blocco l’elezione dei componenti la maggioranza (la proposta socialista di rinvio della convalida degli atti alla Giunta delle elezioni, messa ai voti, otterrà 57 sì e 42 astenuti su 384 presenti e votanti).
“Voi che oggi avete in mano il potere e la forza - diceva quel giorno in Aula Giacomo Matteotti - voi che vantate la vostra potenza, dovreste meglio di tutti gli altri essere in grado di far osservare la legge da parte di tutti. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della nazione”.
“Se la libertà è data - proseguiva il deputato socialista - ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Molto danno avevano fatto le dominazioni straniere. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni”.
Sarà l’ultimo discorso pubblico di “Tempesta”, come veniva chiamato dai compagni di partito per il carattere battagliero. Si racconta che a chi si congratulava con lui per quelle parole pronunciate alla Camera Matteotti avesse risposto sorridendo: “E adesso potete preparare la mia orazione funebre”
Parole tristemente profetiche. Il 10 giugno 1924 sarà rapito sul lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma e ucciso. Nonostante le ricerche ininterrotte, il corpo di Matteotti sarà ritrovato per caso solo il 16 agosto nei pressi del comune di Riano dal cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza (il cadavere era ormai in avanzata fase di decomposizione, quindi fu necessaria una perizia odontoiatrica per il riconoscimento).
Il delitto Matteotti segna l’inizio del regime e costringe gli italiani impegnati in politica o comunque fedeli ai valori della libertà a scegliere da che parte stare.
Lo stesso Sandro Pertini si iscriverà al Partito socialista unitario, presso la Federazione di Savona, il 18 agosto 1924, proprio sull’onda dell’emozione e dello sdegno per il ritrovamento del cadavere. “Mio ottimo amico - scriveva da Firenze nel giugno 1924 il futuro presidente della Repubblica - Ho la mano che mi trema, non so se per il grande dolore o per la troppa ira che oggi l’animo mio racchiude. Non posso più rimanere fuori del vostro partito, sarebbe vigliaccheria. Pertanto, pronto a ogni sacrificio, anche a quello della mia stessa vita, con ferma fede, alimentata oggi dal sangue del grande Martire dell’idea socialista, umilmente ti chiedo di farmi accogliere nelle vostre file”.
Così continua Pertini: “Questo ti chiedo dalla terra che diede al delitto il sicario Dumini per la seconda volta indegna patria di Dante che se tra di noi tornasse, nuovamente se n’andrebbe fuggiasco, ma volontario, non più per le contrade d’Italia, trasformate oggi in ‘bolgie caine’, bensì oltre i confini, dopo avere ancora una volta ripetuto agli uomini con più disgusto e più amarezza, l’accorata invettiva: ‘ahi! serva Italia di dolore ostello nave senza nocchiero in gran tempesta non donna di provincia ma bordello’. Ti chiedo ancora di volermi rilasciare la Tessera con la sacra data della scomparsa del povero Matteotti: questo potrai facilmente concedermi tu, che sai come da lungo tempo il mio animo nel suo segreto gelosamente custodisca, come purissima religione, l’idea socialista. La sacra data suonerà sempre per me ammonimento e comando. E valga il presente dolore a purificare i nostri animi rendendoli maggiormente degni del domani, e la giusta ira a rafforzare la nostra fede, rendendoci maggiormente pronti per la lotta non lontana. Raccogliamoci nella memoria del grande Martire attendendo la nostra ora. Solo così vano non sarà tanto sacrificio”.
“Il delitto Matteotti - scriveva qualche anno fa Valdo Spini - ci ricorda che cos’era il fascismo: una dittatura brutale che non esitava a uccidere gli oppositori. È significativo ricordare che, proprio per solidarietà con l’uccisione di Matteotti, un gruppo di giovani del fiorentino circolo di cultura, guidati da Carlo Rosselli e con Gaetano Salvemini, aveva aderito al suo partito, il Psu. Una sorta di staffetta ideale tra Matteotti e Rosselli che doveva, con il fratello Nello, cadere sotto i colpi dei sicari della Cagoule il 9 giugno 1937 a Bagnoles de l’Orne. Ricordare cos’era il fascismo e la sua violenta oppressione di tutte le libertà democratiche, non è solo fare opera di sana e giusta ricerca storica. È anche ammonimento per quanto avviene nel presente, quando si cerca nuovamente di rievocare simboli e riferimento al fascismo di cui a volte non si avverte la pericolosità. (…) ricordare la limpida lezione di socialismo, di democrazia, di libertà, di rispetto del Parlamento che fu propria di Giacomo Matteotti a distanza di più di novant’anni riveste un’attualità che non dobbiamo sottovalutare”. Un’attualità che non dobbiamo sottovalutare.