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Il congresso della Cgil si è chiuso da qualche settimana, il quadro politico, economico e sociale ci pongono davanti a una molteplicità di sfide che spingono il modello sindacale, figlio del ‘900, verso una transizione obbligata. È in essere una trasformazione dentro e fuori i luoghi di lavoro. L'innovazione tecnologica assieme all’esigenza di cambiare i modelli di consumo spingono verso il cambiamento dei modelli produttivi e organizzativi. Il cambiamento dei prodotti è spinto da una maggiore consapevolezza delle persone, sempre più dirette all’acquisto di beni durevoli e meno inquinanti.
Cambia il “gusto”, la fruizione dei servizi, l’accesso all’istruzione e alla formazione, l’assistenza sanitaria, tutti fattori che mettono la Cgil davanti alla sfida del cambiamento, l’esigenza di evolversi anche organizzativamente e professionalmente. La spinta dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale, a partire dell’I.A., aprono nuovi spazi di confronto.
La necessità di riconquistare diritti che sembravano acquisiti in maniera definitiva, di rivendicazione salariale sulla ricchezza generata da processi produttivi da cui l’uomo è sostituito dalle macchine. L'occupazione e la “qualità” del lavoro con la rivoluzione digitale ci obbligano a trovare nuovi spazi di confronto, a partire dalla riconquista del confronto sull’organizzazione del lavoro, fattore indispensabile per agire sui veri fattori di trasformazione del lavoro:
- Il valore del prodotto e della produzione ibrida (uomo/macchina);
- La gestione degli orari e la loro riduzione.
- Il lavoro a distanza, i luoghi del lavoro e i modelli produttivi.
- La tutela della privacy e della proprietà intellettuale.
In passato, col modello fordista, l’azione sindacale sull'organizzazione del lavoro aveva prodotto avanzamenti sia sul piano della redistribuzione della ricchezza che nella riduzione dell’orario, più in generale il miglioramento delle condizioni di lavoro (orari, salute e sicurezza). Oggi l’immaterialità di alcuni processi, in alcuni casi dei prodotti, l’aleatorietà dei luoghi in cui si presta l’attività rendono l’azione sindacale complessa, è quindi indispensabile una maggiore conoscenza dei cambiamenti in atto, nuove professionalità e l’uso consapevole di strumenti tecnologici che riequilibrino il rapporto di conoscenza/forza tra le parti. Per buona parte dei nuovi lavori il “luogo” in cui si genera la ricchezza è il web: l’insieme delle piattaforme che determinano prestazioni, produzione di contenuti, raccolta di dati e informazioni.
È la conoscenza o, meglio, la capacità di raccogliere e trattare dati, l’elemento che genera il plusvalore che rimane totalmente fuori dalla contrattazione collettiva e quindi dalla redistribuzione della ricchezza generata. Cosa c’è di più immateriale della conoscenza? Lo abbiamo sempre saputo che conoscere, istruirsi, formarsi avrebbe consentito ai lavoratori ed ai loro rappresentanti di poter rispondere allo squilibrio di potere tra capitale e lavoro, colui che possiede e organizzava i mezzi di produzione ed i lavoratori salariati.
Squilibri di potere
Oggi, con il dispiegarsi del capitalismo della conoscenza, questa differenza non è colmabile con i classici strumenti nelle nostre disponibilità. La capacità tecnologica delle grandi imprese e del sistema capitalistico di raccogliere, possedere ed utilizzare i dati realizza un tale squilibrio di potere, una tale concentrazione di ricchezza che senza un’azione regolatoria degli Stati e delle rappresentanze delle lavoratrici e lavoratori a livello globale sarà impensabile tornare al modello europeo di fine ‘900.
Le due opzioni in campo
In questi anni l’Ufficio Progetto Lavoro 4.0, assieme al gruppo dirigente dell’organizzazione e in un confronto costante con docenti ed esperti del settore, ha prodotto analisi, aiutato il dibattito interno ed esterno, costruito percorsi formativi ed informativi, ha divulgato idee e indicato percorsi possibili. Ora, con l’avanzare della digitalizzazione, siamo davanti alle due opzioni costruire un modello sociale ed economico sostenibile, oppure subire un progressivo impoverimento dei salari a favore dei profitti con una estinzione della classe media sempre più spinta verso condizioni di povertà.
Contratti 4.0
Per questo pensiamo sia arrivato il tempo dell’azione contrattuale 4.0, è indispensabile spingere la trasformazione digitale verso la sostenibilità sociale ed ambientale. È necessaria una piattaforma del lavoro sostenibile, un protagonismo delle categorie, dei “luoghi di lavoro”, utilizzando conoscenze, esperienze positive, le nuove norme europee dedicate alla tutela del trattamento dei dati e la regolazione dell’intelligenza artificiale. Sarà necessario mettere in campo competenze e una grande attenzione ai processi sostitutivi della manodopera, agli ambiti di espansione professionale, alle nuove professioni, ai processi formativi e quelli della formazione professionale.
Un focus sulle professioni
Da qui l’idea di costruire assieme alle aree competenti dell’organizzazione un focus e un progetto sulle professioni. Bisogna anticipare il cambiamento del mercato del lavoro provando a costruire una transizione giusta, spingere le imprese e le istituzioni a realizzare investimenti mirati per la tutela dei prodotti italiani, per lo sviluppo di tecnologie italiane, ma anche del lavoro di qualità (salario, diritti, salute e sicurezza). Le superpotenze, lo si legge anche nei conflitti innescati nei Paesi che posseggono materie prime, “confliggono” per plasmare la trasformazione a propria immagine, costruiscono modelli economici, sociali e militari che le rendano centrali nei processi di trasformazione del mondo e di cumulazione della ricchezza.
Il caso Italia
Nella dimensione italiana, piuttosto che nell’ecosistema europeo, sarebbe necessario costruire una risposta adeguata. Una risposta che non può essere solo una contrapposizione nella capacità di fuoco adottando lo stesso modello economico e sociale, dovrebbe invece essere un ritorno alle condizioni del lavoro, alla sostenibilità ambientale, alle condizioni materiali delle persone. Il sindacato con la sua rappresentanza deve essere parte di questa idea altra della trasformazione. Oggi vogliamo partire dalle professioni, dal lavoro che cambia, dal lavoro di qualità.+
Alessio De Luca, Ufficio progetto lavoro 4.0