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L’emergenza epidemiologica da Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento del contagio hanno determinato pesanti ricadute nei settori dell’istruzione e della ricerca, interessati su tutto il territorio nazionale dalla sospensione delle attività educative e didattiche in presenza. Per far fronte all’esigenza di garantire la continuità del percorso formativo e la validità dell’anno scolastico in corso, contestualmente al provvedimento di sospensione, è stata da subito prevista “la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza” (Dpcm 4 marzo 2020 articolo 1, comma 1, lett. d); le indicazioni, e prescrizioni, riaffermate nelle norme successive, in particolare nel Dl n.22 dell’8 aprile, hanno prodotto l’avvio di un dibattito e di un confronto nelle scuole e nel Paese.
Con i mezzi a disposizione, in taluni casi del tutto inadeguati, con creatività e grande spirito di abnegazione, attingendo alle proprie risorse professionali e tecnologiche, i docenti, e con loro tutte le figure professionali che fanno delle scuole, delle università e dei luoghi della formazione vere e proprie comunità educanti, hanno continuato a essere punto di riferimento per milioni di studenti, presidi di socialità e di democrazia anche in epoca di pandemia.
Molte sono risultate le criticità connesse all’uso delle tecnologie, a partire dall’aumento dei carichi di lavoro alla tutela dei dati personali in presenza di un aumento esponenziale e continuo del flusso di dati che avviene tra studenti e docenti; ma, soprattutto, sono emersi evidenti limiti pedagogici di un insegnamento veicolato e filtrato attraverso i mezzi digitali, perché nessuna piattaforma e nessuna attività a distanza potranno mai sostituire la didattica “in presenza”, costruita su processi di relazione, confronto, cooperazione.
La distanza non ha consentito alle istituzioni scolastiche, in particolare, di svolgere pienamente il loro compito costituzionale di contrastare le disuguaglianze e offrire a tutte e a tutti pari opportunità di istruzione e formazione.
Il trasferimento delle attività dalla scuola, spazio di tutti e luogo della comunità, alle case, dove le disuguaglianze delle opportunità nascono, crescono e, spesso, si trasmettono di generazione in generazione, ha fatto esplodere la grande questione delle povertà formative dei tanti studenti che – per lo più per mancanza di device, per inadeguata connessione o per condizioni familiari difficili – non hanno partecipato alle attività proposte.
Per non parlare degli alunni con disabilità o dei bambini delle scuole dell’infanzia e primaria che, per poter accedere a piattaforme, caricare e scaricare i materiali didattici, necessitano della presenza costante di adulti consapevoli e attrezzati, su cui non tutti possono contare; oltre al fatto che, per loro, i processi di apprendimento avvengono attraverso l’esperienza diretta, fatta di corporeità, movimento, contatto anche fisico…elementi difficilmente recuperabili attraverso l’approccio digitale.
In altre parole, la scuola a distanza, oltre a compromettere il senso più autentico della relazione educativa, rischia di essere ancora più discriminatoria e selettiva di quanto possa essere quella in presenza. Per questo occorre pensare alla ripartenza della scuola in presenza, per riappropriarsi anche fisicamente di quegli spazi fisici che creano senso di appartenenza e profonda condivisione di significati e valori . Dovrà essere una ripartenza “controllata” e in sicurezza, con le risorse necessarie a restituire agli alunni, in termini di qualità, quanto è stato sottratto nei lunghi mesi dell’isolamento.
Servono nuovi spazi, servizi di supporto e un piano di implementazione e stabilizzazione degli organici per garantire l’ applicazione delle misure anticontagio e la piena funzionalità organizzativa, amministrativa, didattica di ogni singola istituzione scolastica fin dal 1° settembre. È il momento di assumere decisioni condivise per riconoscere concretamente a tutte e a tutti il diritto a una formazione di qualità all’interno di una complessiva riqualificazione del sistema pubblico di istruzione, in cui il buon utilizzo a livello didattico della tecnologia torni ad essere uno dei tanti strumenti utili a supportare i processi di apprendimento.
Manuela Calza è segretaria nazionale Flc Cgil