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Viviamo in un’epoca di progresso, ma dobbiamo ancora definire quale sia il prezzo che nessun lavoratore dovrebbe essere costretto a pagare: la propria salute. Troppo spesso, quando si parla di salute e sicurezza sul lavoro, si pensa esclusivamente al benessere fisico. Tuttavia è cruciale ampliare questa visione per includere il forte impatto che la salute mentale e lo stress da lavoro hanno sulla vita dei lavoratori e sulla produttività aziendale.
Recenti ricerche condotte da Randstad rivelano che più di un lavoratore su due tra i 18 e i 64 anni considera la salute mentale sul luogo di lavoro uno degli elementi più importanti e – dato molto significativo – questa sensibilità non è esclusiva delle nuove generazioni. In un sondaggio condotto all’interno di Gallup quasi la metà dei lavoratori intervistati ha dichiarato di aver provato stress il giorno precedente all'intervista, uno su dieci ha provato rabbia, mentre uno su quattro ha provato tristezza. Questo scenario evidenzia un problema crescente nell'attuale modello economico che corre al ritmo del progresso, ma al contempo erode la salute di molti lavoratori.
Negli ultimi anni, la questione della salute mentale dei lavoratori è diventata sempre più centrale nel dibattito sulle condizioni lavorative. Una soluzione innovativa potrebbe essere rappresentata dall'integrazione di strumenti di intelligenza artificiale per monitorare e supportare il benessere dei dipendenti. Ad esempio, piattaforme come Woebot un chatbot terapeutico offrono supporto emotivo continuo mentre soluzioni come Thrive Global aiutano a promuovere pratiche di benessere mentale in ambito aziendale. Questi strumenti, sebbene non possano sostituire completamente l’intervento umano, rappresentano un valido supporto nell’identificazione precoce dei segnali di disagio e nella promozione di una cultura aziendale più attenta al benessere psicologico.
L'adozione crescente di nuove tecnologie nel mondo del lavoro spesso non è accompagnata da un'adeguata formazione professionale e riqualificazione delle mansioni. Questo squilibrio può creare un flusso alienante che privilegia le tecnologie a scapito delle relazioni umane. Nel settore del Retail, ad esempio, i principali fattori di stress derivano da problemi mai affrontati in precedenza aggravati da nuove variabili di mercato. Gli obiettivi delle aziende sono sempre più ambiziosi, le esigenze dei consumatori sempre più ampie, i budget disponibili sempre più ridotti.
I lavoratori sono esposti a condizioni che possono portare a disturbi depressivi, ansia e insonnia. Questi effetti sono spesso legati alla natura stressante e alle esigenze peculiari del settore. Tra le principali cause vi sono: i turni irregolari e spesso prolungati, l’elevato carico di lavoro, le scadenze strette e le aspettative di performance elevate, la percezione di non essere adeguatamente riconosciuti o valorizzati per il proprio lavoro, la costante condizione di precarietà contrattuale, l’uso smodato della flessibilità richiesta ai lavoratori ed il continuo ricorso a forme di contratti atipici.
Le preoccupazioni legate al lavoro, le pressioni per raggiungere gli obiettivi e la gestione delle interazioni con i clienti possono causare patologie depressive importanti che, se non adeguatamente identificate, possono avere effetti sulla salute. La natura “invisibile” di questo tipo di disturbi ne rende molto difficile l’individuazione e la riconducibilità formale all’attività lavorativa.
Nonostante siano stati fatti importanti passi avanti rispetto alla sensibilizzazione sul tema della salute mentale, è innegabile un persistente timore nel riconoscere di soffrire di un disturbo psicologico.
L’impatto di bias sociali e culturali porta ancora moltissimi lavoratori a non segnalare episodi di malessere legati all’attività lavorativa e a non fare ricorso a cure adeguate. La quasi totalità di queste ha costi onerosi e prevede percorsi di lunga durata che non sono accessibili a tutti, poiché il sistema sanitario nazionale non può far fronte ad una così ampia domanda.
Affrontare i disturbi legati allo stress da lavoro nel settore del Retail richiede un approccio multifattoriale che includa supporto psicologico, formazione, flessibilità degli orari di lavoro e miglioramento delle condizioni ambientali. Investire nel benessere mentale dei lavoratori, non solo migliora la loro qualità della vita, ma ha effetti positivi anche sulla produttività e – in un’ottica di lungo periodo – sulla “salute” dell’organizzazione stessa.
Un'indagine svolta da Meta ha rilevato che l'84% dei lavoratori è più felice quando si sente coinvolto sul posto di lavoro. In settori dove è difficile trattenere i talenti la felicità e la salute mentale dei lavoratori non possono essere ignorate.
L’economia italiana che, fino a 60 anni fa, si reggeva ancora su una polarizzazione verso i poli industriali si è oggi spostata su settori professionali diversi e ben più frammentati. Intercettare le singole realtà sul territorio e tutelare la salute dei lavoratori nel settore del Terziario è diventato sempre più complesso. Occorre ridefinire la salute come priorità assoluta nell’ambiente di lavoro, superando bias sociali e culturali e ponendo una grande attenzione alla portata sociale del fenomeno.
In conclusione, investire nel benessere psicologico dei lavoratori è una strategia vincente per costruire un futuro lavorativo più sano e produttivo. Tutto ciò è possibile soltanto attraverso una decisa presa di coscienza della portata del fenomeno ed un utilizzo etico e consapevole degli strumenti a disposizione. L'adozione di nuove tecnologie può rappresentare un punto di partenza per affrontare questa sfida, ma anche un'opportunità per le aziende di rimanere competitive e ridurre l'impatto sociale delle patologie legate allo stress.
Isabella Camillo, Rsa/Rls Filcams Cgil, componente Assemblea generale Cgil Alessandria