Tra le grandi dinamiche di lungo periodo – ovvero quei fenomeni definiti megatrend caratterizzati da andamento esponenziale, capaci di dispiegare i propri effetti su ampia scala e dunque generatori di dinamiche dirompenti in grado di indurre cambiamenti profondi nelle società – figurano le tecnologie digitali. La loro rapida e incalzante evoluzione determina la nascita di nuovi modelli organizzativi all’interno delle imprese e di nuovi modelli di produzione: da una parte c’è maggiore flessibilità organizzativa e sicurezza dei processi rispetto ai rischi tradizionali; dall’altra parte, nascono nuovi rischi in termini di sicurezza e di salute. La sfida che si pone davanti al nostro agire può dunque condurre a scenari diametralmente opposti a seconda dell’orientamento che sceglieremo. Il punto di equilibrio cui tendere è quello di ridurre al minimo i possibili effetti negativi della digitalizzazione sui diritti e sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, massimizzando le opportunità di prevenzione offerte dalle tecnologie digitali.

I primi effetti già negli anni Novanta

La progressiva espansione di tecnologie digitali negli ambienti di lavoro è una dinamica già ampiamente nota e operante in modo sempre più pervasivo dagli anni ’90 del secolo scorso per soddisfare l’aumento della domanda e incrementare la produttività. L’automazione, la robotica avanzata, l’Internet delle cose, i big data, le piattaforme online, il lavoro a distanza, l’intelligenza artificiale (IA) sono alcune delle tecnologie oggi disponibili e adottate in modo crescente dalle organizzazioni. Una delle questioni centrali su cui più si dibatte è quella relativa alla quantità di posti di lavoro che si perderanno a causa della digitalizzazione e in particolare in relazione alle tecnologie di IA. Meno dibattuta e certamente più in ombra è quella relativa alla qualità del lavoro che tuttavia rappresenta il vero nodo centrale riguardo il tema dei diritti dei lavoratori.

I dati, le analisi

In termini quantitativi la relazione annuale 2023 di Banca d’Italia evidenzia che nell’area Ue finora l’adozione di robot ha avuto sull’occupazione effetti positivi in Francia e nulli in Germania e in Italia, dove si riscontra una relazione positiva con la produttività. Riguardo all’intelligenza artificiale l’adozione da parte delle imprese risulta ancora limitata; in base all’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Digital economy and society index, Desi) elaborato dalla Commissione europea, nel 2023 solo l’8 per cento delle aziende europee e il 5 per cento di quelle italiane adottavano tecnologie di IA. Tuttavia, non c’è alcun dubbio che il rapido e diffuso sviluppo dell’intelligenza artificiale avrà importanti effetti sul mercato del lavoro. Le professioni più esposte sono quelle che richiedono principalmente competenze cognitive, ma con ampia eterogeneità settoriale. Gli effetti si declinano in parte in termini di sostituzione soprattutto nel terziario, ma soprattutto in termini di complementarietà in tutti gli altri settori: industria, servizi, sanità, istruzione. La coesistenza e l’interrelazione tra il lavoro umano e quello delle tecnologie IA sono dunque il delicato terreno di confronto sui diritti dei lavoratori dove si possono realizzare opportunità di miglioramento delle condizioni di lavoro o generare al contempo nuovi problemi di salute e sicurezza.

Sistemi “intelligenti” di controllo

Oggi sono disponibili sistemi intelligenti di monitoraggio digitale per la salute e la sicurezza sul lavoro (SSL) che si avvalgono della tecnologia digitale per acquisire e analizzare dati per individuare e valutare i rischi, prevenire e/o ridurre al minimo i danni e promuovere la SSL. Questi sistemi sono in grado di raccogliere dati su diverse tipologie di rischi, quali rischi fisici, di sicurezza, ergonomici, psicosociali, organizzativi, biologici, chimici, radiologici e ambientali o raccogliere dati individuali dei lavoratori relativi alla SSL, quali la salute e il benessere mentale e fisico, la stanchezza e lo stress; possono monitorare il corretto utilizzo dei DPI o lo stato di efficienza e funzionamento dei Dispositivi di protezione collettiva (etichette intelligenti; DPI intelligenti ed esoscheletri; realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR);identificazione a radiofrequenza (RFID) e reti di sensori wireless (WSN); smart object; digital twin).

Cosa rischiamo?

Se le tecnologie associate all’IA possono migliorare nettamente la gestione dei rischi nell’ambiente di lavoro, tuttavia, l’introduzione dell’IA per l’efficientamento dei processi produttivi genera nuovi rischi: essi sono riconducibili in larga parte all’ambito dei rischi psicosociali. Automazione, robotica avanzata generano riduzione del contatto personale tra colleghi, intensificazione della pressione sulla prestazione del lavoratore nel confronto con il robot collaborativi (cobot), carico insufficiente di lavoro cognitivo, con effetti potenzialmente nocivi sulla salute mentale dei lavoratori. L’uso di Big data e algoritmi può dare l’impressione di perdere il controllo sul contenuto, sul ritmo, sulla pianificazione del lavoro e sul modo in cui esso si svolge. La progressiva introduzione di tecnologie IA e la paura di sostituzione nelle abituali mansioni possono provocare livelli più elevati di stress. L’utilizzo di dispositivi digitali mobili e il lavoro in remoto possono generare un aumento del carico di lavoro, orari di lavoro eccessivi, lavoro in solitudine con sensazione di isolamento e di assenza di sostegno collettivo e da parte dell’organizzazione, equilibrio poco salutare tra vita privata e professionale. Da ultimo le differenze di competenze tra chi lavora in settori ad alta intensità tecnologica e gli altri, o tra i lavoratori di una medesima impresa, creano le condizioni per una nuova forma di diseguaglianza: la tecno-diseguaglianza.

Aumenta lo stress

Un ulteriore e più recente rischio che può incidere sulla salute mentale dei lavoratori incrementando i livelli di stress è quello riconducibile l’uso dell’intelligenza artificiale per la gestione dei lavoratori per migliorare i processi produttivi e decisionali. Su tale tema nel marzo scorso l’Agenzia Europea per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ha pubblicato un documento dal titolo From technology development to the impacts on workers and their safety and health nel quale è fornita un’analisi sulla misurazione, la diffusione e l’applicazione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale pensate per funzioni manageriali. In sostanza si tratta, come definiti dall’Agenzia di strumenti di intelligenza artificiale intesi come sistema di gestione dei lavoratori (Artificial Intelligence Workers Management - AIWM), che raccoglie dati, spesso in tempo reale, dallo spazio di lavoro e dai lavoratori, che crea decisioni automatizzate o semi-automatizzate o fornisce informazioni ai decisori come dirigenti, datori di lavoro, su questioni relative alla gestione dei lavoratori. Nonostante le evidenze raccolte mostrino che i sistemi di monitoraggio, se mal gestiti, aumentino i livelli di stress nei lavoratori ingenerando sentimenti di insicurezza, ansia e preoccupazione per l’intrusione nella sfera personale ed emotiva, tuttavia, come evidenziato dal rapporto, le organizzazioni spesso non riescono a riconoscere la gestione del lavoratore tramite intelligenza artificiale come fattore di rischio e tali sistemi gestione dei lavoratori tendono a essere trascurati nella valutazione del rischio. Nel complesso dunque, conclude il rapporto, le tecnologie digitali stanno progressivamente inclinando l’equilibrio di potere a favore di un evidente sbilanciamento che favorisce le prerogative manageriali a scapito dell’empowerment dei lavoratori.

Ma con la tecnologia si può prevenire

A fronte dell’impatto crescente che l’IA, caratterizzata da una continua e rapida evoluzione, avrà sull’organizzazione del lavoro e i cui effetti risultano non del tutto prevedibili e quantificabili come anche quelli sulla SSL, è necessario che l’attenzione si focalizzi in modo specifico sui diritti e sulla salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori in questi contesti. In tema di SSL abbiamo già visto come le stessa tecnologie digitali possano ridurre e mitigare i rischi tradizionali ed emergenti. Tuttavia, per prevenire i rischi psicosociali derivanti dall’introduzione dell’IA nei luoghi di lavoro occorre che l’attenzione, negli ambienti di lavoro, si sposti dagli effetti alle cause, individuando i punti critici dell’organizzazione. Occorre dunque dare centralità agli strumenti già previsti dall’attuale normativa come la partecipazione, l’informazione, la formazione, la medicina del lavoro, declinati nel contesto della valutazione e gestione dei rischi organizzativi, come previsto dall’art. 28 del d.lgs. 81/2008.

L’importanza della partecipazione

L’applicazione di modelli di intervento integrato per la tutela della salute e sicurezza e il benessere dei lavoratori oggi disponibili come l’Healthy Workplace Model dell’Oms e il Total Worker Health del Niosh, fortemente partecipativi e che prevedono il coinvolgimento comune dei datori di lavoro e dei lavoratori, possono rivelarsi strumenti particolarmente efficaci in questi contesti. Il loro punto di forza sta nell’attenzione alle politiche e alle pratiche che influenzano le condizioni di lavoro, tra le quali vengono presi in considerazione sia l’ambiente fisico che l’ambiente psicosociale a partire dai bisogni della popolazione lavorativa. Ciò potrebbe permettere, ad esempio nel caso specifico, di predisporre piani di innovazione graduale affiancati da una informazione trasparente sulla raccolta e l'utilizzo dei dati, da un’offerta formativa adeguata allo sviluppo, al miglioramento e alla riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti nella trasformazione e da programmi di welfare aziendale indirizzati al sostegno psicologico dei lavoratori che dovessero mostrare una particolare vulnerabilità individuale nei processi di cambiamento organizzativo.

Stefano Signorini è ricercatore e medico del lavoro, ex dirigente di ricerca Inail