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Attualmente il mondo del lavoro si trova ad affrontare nuove problematiche legate ai cambiamenti delle varie attività e tipologie di prestazioni di opera sia nell’ambito logistico (smart working), che di controllo lavorativo.
Il ricorso all’intelligenza artificiale, ai fini di gestione e di monitoraggio dei lavoratori con i problemi di etica, ruolo, applicazioni nel mondo del machine learning e non, rappresenta un mondo a cui anche la Ue guarda con particolare attenzione.
Nel dibattito scientifico etico-epistemologico, Karl Popper riteneva la conoscenza umana incerta e non sostituibile con una oggettiva, pertanto incapace di replicare la creatività, l’intuizione e formulare ipotesi tipiche dell’intelligenza umana (vedi searle, dreyfus, flores). Si ha l’impressione che l’intelligenza artificiale si muova all’interno di una ambiguità di fondo in cui difficile risulta tracciare le finalità e gli scopi precisi.
In effetti in una scala di difficoltà lavorative, riscontrate dai lavoratori, oggi si rileva come lo stress legato al controllo umano o di macchine sia diventato un problema di primo piano. Lo stress è la risposta psicologica e fisiologica che l'organismo mette in atto nei confronti di compiti, difficoltà o eventi della vita, valutati come eccessivi o pericolosi. La sensazione che si prova in una situazione di stress è di essere di fronte ad una forte pressione mentale ed emotiva.
Lo stress può essere positivo quando, ad esempio, aiuta a concentrarsi per un esame, dà la carica per affrontare una gara sportiva o un nuovo lavoro, in questi casi viene definito stress positivo o eustress. Diventa, invece, negativo quando dura nel tempo senza che si abbia la capacità di affrontare la situazione che l’ha provocato. In questi casi si determina un sovraccarico o carico allostatico, che logora le cellule, i tessuti e gli organi compromettendone le funzioni.
Brod (1984) per primo inquadrava il problema come:”incapacità” di far fronte o trattare le informazioni e le nuove tecnologie di comunicazione (o lavorative) in modo sano. Partendo da tale valutazione Taylor e successivamente Corrente rilevavano come: fattori intrinseci al lavoro, pericoli fisici, chimici, biologici; sovraccarico o sottocarico di lavoro, monotonia, conflitto e ambiguità di ruolo; fattori inerenti i rapporti con gli altri e il clima organizzativo; problemi relazionali con colleghi, superiori, subordinati; fattori di carriera, mancanza di sicurezza del posto di lavoro, fattori di interfaccia tra vita privata/vita lavorativa, estrema rigidità, o eccessiva ambiguità dei compiti; ripetitività e monotonia delle mansioni; elevato carico psicofisico a causa della tipologia dell’orario/turni di lavoro e dell’intensa richiesta di contatto umano; alta responsabilità nei confronti dell’incolumità di terzi, portassero all’ esaurimento del lavoratore con il conseguente stato di burnout.
Risultato: lo straining: situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima lavoratrice subisce, solitamente da un superiore o nell’ambito della organizzazione lavorativa, almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nello stesso ambiente, azione che, oltre a essere stressante è caratterizzata anche da una durata costante. Tutto ciò’ porta ad una esasperazione della salute del lavoratore.
Questi dati risultano “certificati” dai questionari che l’Inca Cgil ha somministrato, in questi anni alle lavoratrici e ai lavoratori, nei vari settori lavorativi: l’evoluzione negli anni porta alla modificazione della percentuale delle patologie muscolo scheletriche e neurologiche a favore dello stress lavoro correlato (dati fondazione Di Vittorio 2021, elaborazione Inca Cgil).
In seguito alla pandemia da Covid 19 abbiamo assistito ad un’accelerazione della digitalizzazione che sta facendo emergere nuovi scenari lavorativi e, in particolare, il lavoro da remoto ha fatto emergere, situazioni da stress lavoro correlato dovuto allo smart working.
Lo stress da smart working, che si inserisce nello stress lavoro correlato, comprende i disturbi causati da nuovi scenari di lavoro come i tempi di lavoro dilatati e l’ansia da prestazione, l’indebolimento delle relazioni aziendali, la paura di marginalizzazione, senso di inadeguatezza.
Il lavoro in “solitudine”, la mancanza di una separazione fisica tra lavoro e vita privata, le difficoltà tecniche, l’accessibilità continua tramite e-mail può comportare l’insorgere del rischio di stress-lavoro correlato. Pertanto, è importante non sottovalutare segnali di disagio quali, insonnia, senso di inadeguatezza, ansia...
Sul tema anche il Decreto 81/2008 ha previsto che il rischio di stress-lavoro correlato sia parte integrante e fondamentale del documento valutazione dei rischi (DVR) e quindi la valutazione deve essere effettuata da tutte le aziende. Il datore di lavoro deve pertanto, considerare i nuovi fattori di stress introdotti dallo smart working.
In generale e soprattutto quando si parla di digitalizzazione, emerge una sottovalutazione e una scarsa conoscenza del fenomeno, della sua prevenzione e quindi dei rischi che posso portare all’insorgere della malattia professionale.
Come Inca Cgil stiamo monitorando attentamente il fenomeno, anche attraverso percorsi di formazione e somministrazione di questionari, nei comparti sia privati che pubblici, per favorire l’emersione della patologia e quindi mettere in campo la corretta tutela.
L’impegno dell’Inca, per l’emersione dei danni da lavoro per chi opera in smart working è stato immediato, sin dall’avvento del lavoro a distanza e ha permesso, ad esempio, ad una lavoratrice di Treviso di vedere riconosciuto ed indennizzato un infortunio occorso in SW nel 2020. Possiamo dire che lo stress da lavoro correlato è una patologia un po' “figlia del nostro tempo” ma che ancora fatica ad essere inquadrata come di origine professionale.
L’Inca Cgil, con l’aiuto dei propri medici convenzionati, valuta la situazione di ogni lavoratore che si presenta allo sportello, per attivare il giusto percorso per il riconoscimento della malattia professionale, sino ad adire le vie legali, con gli avvocati convenzionati, per arrivare al corretto riconoscimento da parte dell’Inail.
Il ruolo dell’Inca è quello di qualificare correttamente gli eventi che vanno ad agire sulla salute dei lavoratori, che troppo spesso portano ad attivare percorsi di tutela non corretti, o addirittura a non attivarne affatto. Infatti, troppo spesso i danni da lavoro che derivano dallo stress vengono confusi con una qualsiasi malattia comune tutelata dall’Inps, mentre dobbiamo ottenere la tutela dall’Inail.
Con l’Inail dobbiamo portare avanti un lavoro, come sottoscritto con il Protocollo Inail Patronati, del 06/03/2024, in cui l’obiettivo è quello di lavorare in collaborazione per individuare gli elementi giusti e necessari al riconoscimento delle malattie professionali non tabellate, come lo stress lavoro correlato.
L’Inca Cgil insieme alla confederazione, alle categorie agli Rls/Rlst/Rsa/Rsu agisce per un lavoro collettivo, per accrescere la cultura della sicurezza, per garantire la formazione alle lavoratrici e lavoratori sullo stress-lavoro correlato legato alla digitalizzazione e allo smart working. Fenomeno questo, che continuerà a crescere e pertanto, abbiamo il compito di far conoscere quali sono i rischi del lavoro da remoto e della digitalizzazione ed operare per raggiungere quel benessere organizzativo necessario per un lavoro dignitoso e, quindi, per la giusta tutela.
Sara Palazzoli – Presidenza Collegio Inca Cgil Nazionale
Fabio Manca – Coordinatore medici legali Inca Nazionale