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Il 20 marzo l’Ipcc ha pubblicato il rapporto di sintesi del Sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici (AR6). Il report integra i risultati di tre gruppi di lavoro e di tre rapporti speciali, fra cui lo Special report per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C del 2018. È la sintesi di cinque anni di studi e analisi interdisciplinari sul clima che riassume informazioni sulle conseguenze della crisi climatica causata dalle attività umane, ma anche sulle opportunità esistenti per contrastare la crisi climatica e progredire verso lo sviluppo sostenibile, dando priorità alla riduzione del rischio, all’equità e alla giustizia.
L'impatto della crisi climatica
Il report parte da un’analisi dello stato attuale e delle tendenze. La temperatura globale è già cresciuta di 1,09°C dal periodo preindustriale. Nel 2019 le emissioni erano circa il 12% in più rispetto al 2010 e il 54% in più rispetto al 1990, ed erano prodotte per il 79% dai settori energetici, industriali, dei trasporti e dagli edifici e per il resto da agricoltura, silvicultura e altri usi del suolo. Circa 3,3-3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici.
L’aumento degli eventi meteorologici e climatici estremi ha esposto milioni di persone a una grave insicurezza alimentare e a una ridotta sicurezza idrica. Gli impatti negativi più drammatici riguardano molte località e comunità in Africa, Asia, America centrale e meridionale. Le conseguenza però sono pesanti anche per l’Italia sia in termini di dissesto idrogeologico che di siccità, basti pensare ai 6 miliardi di perdite stimate l’anno scorso in agricoltura, sapendo che quest’anno la situazione potrebbe essere peggiore.
In tutte le regioni gli eventi di calore estremo hanno provocato mortalità, sono aumentate le malattie di origine alimentare e idrica legate al clima e l’incidenza delle malattie trasmesse da vettori. Le azioni di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico non sono adeguate. Per l’adattamento i principali ostacoli sono la carenza di finanziamenti, anche alla ricerca, la scarsa volontà politica, il poco senso di urgenza e la lentezza dell’azione. Per la mitigazione esiste un divario fra gli impegni assunti e i percorsi di mitigazione necessari per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Serve un'azione immediata
Per recuperare questo gap è necessaria un’azione immediata con profonde riduzioni delle emissioni in questo decennio. Senza un rafforzamento delle politiche si prevede una crescita della temperatura media globale fino a 3,5°C. Con il crescere delle temperature gli impatti e i rischi legati al clima aumentano, e saranno sempre più complessi e di difficile gestione. L’insicurezza alimentare e l’instabilità degli approvvigionamenti, causati dal clima, per esempio, aumenteranno e interagiranno con altri fattori non climatici come la competizione per la terra tra espansione urbana e produzione alimentare, pandemie e conflitti.
Per fronteggiare questa situazione, è urgente attuare un’azione a breve termine con processi di mitigazione e di adattamento ambiziosi che implicano cambiamenti dirompenti nelle strutture economiche e produttive esistenti. Per evitare conseguenze distributive negative sui lavoratori e sulle fasce più vulnerabili della popolazione globale e di ogni singolo paese, servono riforme fiscali, finanziarie, istituzionali e normative coerenti con gli impegni climatici e occorre integrare le politiche per il clima nelle politiche macroeconomiche, attivando percorsi partecipati e contrattati di giusta transizione a partire dalla creazione di nuova e buona occupazione in un sistema economico sostenibile, equo e a basse emissioni.
Opportunità di cambiamento
A fronte di una crisi climatica, sanitaria e sociale sempre più drammatica esiste una grande opportunità di cambiamento che può salvarci dalla devastazione ecologica e sociale che si prospetta se il sistema attuale non verrà profondamente modificato e che apre nuovi scenari in cui il valore del lavoro, dell’equità, del benessere del pianeta e degli esseri viventi sostituisce l’attuale sistema basato su profitto per pochi, sfruttamento del lavoro e degli ecosistemi, crescita di divari e disuguaglianze.
Le tecnologie necessarie per questa transizione ecologica esistono e un’azione accelerata fornisce co-benefici per il contrasto alla crisi climatica, sulla qualità della vita, dell’aria, della salute, sulla produzione agricola e sulla sicurezza alimentare, sull’innovazione, sulla conservazione della biodiversità, sull’autonomia energetica e per la giustizia sociale.
Investire nell’azione climatica riduce la spesa dei danni derivanti dall’inazione, i costi sanitari, i costi energetici. Fra le opzioni per la mitigazione il report dell’Ipcc mette in evidenza lo sviluppo delle energie rinnovabili, la tutela e il ripristino degli ecosistemi naturali, il passaggio a un’alimentazione sostenibile e salutare, la forestazione, la riduzione delle emissioni di metano e protossido di azoto in agricoltura (per esempio con il passaggio a un’agricoltura biologica, riducendo i concimi azotati, gli allevamenti intensivi, il consumo di carne e gli sprechi alimentari), edifici efficienti, mobilità efficiente, collettiva ed elettrica, autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, efficienza energetica e dei materiali, materiali da costruzione sostenibili, economia circolare.
Per rispondere all’aumento delle temperature già in essere il report cita varie opzioni di adattamento fra cui l’affidabilità energetica e un sistema energetico resiliente, l’uso efficiente della risorsa idrica, la gestione della biodiversità e la connettività degli ecosistemi, l’agroforestazione, l’agricoltura e la pesca sostenibili, la gestione e la difesa delle zone costiere, una gestione sostenibile del suolo e della pianificazione urbana, infrastrutture verdi e servizi ecosistemici, ma anche il miglioramento dei servizi sanitari, ammortizzatori sociali, gestione del rischio da disastri, migrazioni, pianificazione di reinsediamenti.
Servono risorse
Tutti questi interventi necessitano di adeguati finanziamenti pubblici e privati, di spesa in ricerca e innovazione tecnologia, ma prima ancora di politiche macroeconomiche, politiche industriali, pianificazione e piani e misure di giusta transizione definite in processi partecipativi che coinvolgano a pieno le comunità e con la contrattazione con i lavoratori e le organizzazioni sindacali. Purtroppo l’azione politica è molto lontana dalla strada della “salvezza” indicata dalla scienza.
Anche in Europa il percorso verso la riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e la neutralità climatica al 2050 è accidentata e tutta in salita, segnata da grandi contraddizioni, determinate anche da un’impostazione liberista che riconosce l’intervento pubblico solo come temporaneo e straordinario, a partire da un rinnovato interesse per il gas e il nucleare. Eppure la transizione verde e digitale sono le colonne portanti di un green deal europeo finalizzato allo sviluppo sostenibile e inclusivo.
Il ruolo delle tecnologie digitali
Le tecnologie digitali possono svolgere un ruolo determinante nel raggiungimento della neutralità climatica, nella riduzione dell’inquinamento e nel ripristino della biodiversità, come indicato dalla comunicazione della Commissione europea nella relazione di previsione strategica 2022.
Possono dare un contributo, per esempio, con la digitalizzazione dell’energia e dei trasporti per una mobilità sostenibile e multimodale, i contatori intelligenti, l’aumento dell’efficienza energetica, il miglioramento dell’efficienza dei processi industriali e della progettazione dei prodotti per la circolarità, l’efficienza energetica e idrica degli edifici, la riduzione dell’uso di acqua, pesticidi, fertilizzanti ed energia in agricoltura e tanto altro.
Se non accompagnata, invece, dalla crescita della capacità e delle infrastrutture di generazione delle energie rinnovabili e dall’efficienza energetica, l’impiego in costante crescita di tecnologie digitali, dell’informazione e della comunicazione, delle piattaforme online e della realtà virtuale può costituire un ulteriore aggravamento della crisi climatica.
L'azione politica
La coerenza è quindi la chiave dell’azione politica. Solo se useremo con coerenza tutti gli strumenti finanziari, fiscali, economici, tecnologici, programmatori e democratici, guidati dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, azione climatica e giustizia sociale, potremmo raggiungere una giusta transizione ecologica e sociale, compresa la piena e buona occupazione.