PHOTO
Le pensioni sono tornate al centro dell’attenzione, nonostante la crisi politica in corso, per il nuovo allarme lanciato dall’Inps sull’aumento delle pensioni di vecchiaia. Ma come si spiega il fenomeno? E perché ora l'Europa ci chiede un'altra riforma? Sono allarmi giustificati? Lo abbiamo chiesto al segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.
Allora segretario è di nuovo allarme pensioni? Come si spiegano i dati diffusi dall’Istituto nazionale di previdenza?
Il numero di pensioni liquidate in un anno sono fortemente condizionate dalle variazioni delle condizioni d’accesso quindi i dati relativi al 2020 evidenziano lo scivolamento di molte pensioni di vecchiaia su questa annualità perché nell’anno precedente l’età di vecchiaia è passata dai 66 anni e 7 mesi agli attuali 67 anni Mentre rimane alto il dato delle pensioni anticipate per il perdurare di Quota 100, anche se come abbiamo più volte evidenziato, il suo tiraggio è di molto inferiore al previsto.
La verità comunque è che con i diversi interventi di questi anni, da Dini alla Fornero, passando per Maroni e Sacconi, il trend della spesa previdenziale si è drasticamente ridotto e il sistema, anche in prospettiva, è più che stabile.
Sono pertanto ingiustificati gli allarmismi sulle pensioni, anche quelli di questi giorni, che confondono reali problemi di cassa dovuto ai trasferimenti dalla Stato all’Inps, per effetto dei maggiori oneri connessi al contrasto della pandemia, con il bilancio previdenziale reale dell’Istituto.
Come sindacati, dopo una trattativa con il ministero del lavoro che è proseguita nel corso del 2020 nonostante la pandemia, avete avanzato richieste precise al governo. Che giudizio date delle decisioni adottate finora?
La legge di bilancio contiene alcune importanti novità da noi richieste, come la copertura previdenziale piena per i part time verticali, il rafforzamento del contratto di espansione, la proroga di Opzione donna e dell’Ape sociale, la nona salvaguardia per gli esodati. Alcuni di questi interventi sono ancora insufficienti ed altri mancano del tutto, come l’estensione dell’Ape e della norma sui lavoratori precoci, il provvedimento sugli esattoriali, la sterilizzazione del Pil negativo sul montante contributivo e il rafforzamento della previdenza integrativa. Su queste cose continueremo a insistere. Intanto comunque è importante far conoscere alle persone questi nuovi provvedimenti ed invitarli a rivolgersi al nostro Patronato Inca per valutare le singole situazioni e possibilità.
Ma non c’è solo l’Inps che lancia allarmi. Già prima della crisi di governo erano arrivati vari messaggi da Bruxelles. Che cosa chiede l’Europa all’Italia?
L’Europa invita l’Italia, come altri paesi fra cui la Germania, ad intervenire sul sistema pensionistico. Nel nostro caso il punto maggiormente evidenziato è Quota 100, norma che, fra l’altro, è a termine, finisce nel 2021, e vedrà una minor spesa rispetto a quella prevista di quasi 7 miliardi. Non vi è dubbio che la pandemia, ed in particolare il calo dell’occupazione e del Pil, in questo biennio qualche problema lo genera anche sui conti previdenziali, ma se guardiamo oltre, e soprattutto se considerassimo quella che è la reale spesa pensionistica nei confronti internazionali, noi siamo allineati alla media europea e il problema vero è che il nostro sistema previdenziale oggi è il più rigido e stringente dell’intero continente, perché solo noi e la Grecia già prevediamo l’età di pensionamento a 67 anni, destinato rapidamente a crescere nei prossimi anni. Tutto ciò è socialmente insostenibile.
In questi giorni siamo in piena crisi di governo. Quando si saranno definiti i nuovi equilibri e gli assetti istituzionali che cosa vi auspicate? Quale sarà il cammino verso la riforma?
La crisi di governo ha momentaneamente interrotto anche il confronto che si doveva riprendere in questi giorni sulla previdenza al Ministero del lavoro. Ci auguriamo che questo stallo si superi al più presto e che venga confermata dal nuovo esecutivo la volontà di fare una riforma che, dopo Quota 100 e quindi dal 2022, si basi sulla flessibilità in uscita, sul riconoscimento dei lavori gravosi, di cura e delle donne, sul dare una prospettiva a previdenziale anche ai più giovani e a chi fa lavori poveri o discontinui, che tuteli il potere d’acquisto delle pensioni in essere. Naturalmente noi faremo fino in fondo la nostra parte per favorire questa prospettiva.