Sono 2,2 milioni le famiglie e quasi 5,7 milioni gli uomini e le donne in povertà assoluta. Stiamo parlando del 10 per cento della popolazione residente in Italia. Ed è bene non dimenticare che a questi vanno aggiunti quanti si trovano in povertà relativa. Stiamo parlando di più di 2,8 milioni, per un totale di oltre 8,4 milioni di individui, in crescita rispetto al 2022. Siccome la matematica non è una opinione oltre 14 milioni di persone, nel 2023, erano povere.

“Sono drammatici i dati diffusi oggi dall’Istat sulla povertà nel nostro Paese che confermano quanto le scelte del governo siano state e continuano ad essere crudeli e sbagliate. Sono i numeri di un’emergenza che richiede un netto cambio di rotta”. Queste le parole di Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil, alla lettura del Rapporto diffuso dall’Istituto nazionale di statistica nella Giornata Internazionale contro la povertà.

Mentre il governo ha cancellato con un tratto di penna il Reddito di cittadinanza, i fondi per il sostegno all’abitare e si appresta a tagliare risorse agli enti locali, quelli che dovrebbero farsi carico delle marginalità, mentre il governo insiste in maniera ossessiva sulla necessità di “fare più figli” riducendo gli aiuti alle famiglie a bonus di dubbio effetto e discriminatori, l’Istat ci dice che sono aumentati i bambini e le bambine in condizione di povertà e sono proprio le famiglie con minori ad essere più a rischio.

“Nel 2023, la povertà assoluta in Italia interessa oltre 1 milione 295mila minori”, si legge nel Rapporto che aggiunge: “In generale, la diffusione del fenomeno aumenta al crescere del numero di figli minori presenti in famiglia”. E anche la povertà relativa colpisce bimbi e bimbe: “In particolare, mostrano i valori più elevati le famiglie con tre o più figli minori, per le quali l’incidenza di povertà relativa è oltre tre volte e mezzo superiore alla media nazionale (38,7 per cento contro 10,6 per cento)”.

Il quadro è drammatico e per questo Barbaresi aggiunge: “Di fronte a una condizione così diffusa e complessa sono necessari e urgenti interventi e politiche ben diverse da quelle esistenti. Non sono certamente i pochi euro della Carta acquisti lo strumento in grado di affrontare una condizione di povertà così drammatica”.

Ciò che davvero dovrebbe sconcertare Meloni e i suoi ministri è l’aumento della povertà tra le famiglie operaie o “lavoratori assimilati”, si passa dal 14,7 per cento del 2023 al 16,5 per cento del 2023. Ma la presidente del Consiglio non solo non vuole il salario minimo legale, ma nemmeno, come datrice di lavoro pubblico, fa nulla per far recuperare almeno l’inflazione ai lavoratori e lavoratrici pubblici, e tra loro salari bassi ce ne sono molti.

“Povertà che colpisce maggiormente le famiglie numerose e con figli minori, le famiglie operaie, quelle del Mezzogiorno, quelle in affitto, i migranti, certificando le pesanti diseguaglianze che attanagliano il nostro Paese”. Continua il suo ragionare la segretaria della Cgil che aggiunge: “Dati che confermano che si è poveri pur lavorando quando le condizioni retributive e di lavoro sono inadeguate, ma governo e Parlamento hanno bocciato il salario minimo e si oppongono alla legge sulla rappresentanza. Si è più poveri se si vive in affitto, ma il Governo ha azzerato i fondi per gli affitti e per la morosità incolpevole né investe nell’edilizia pubblica. Si è più poveri nel Mezzogiorno ma l’autonomia differenziata aggraverà inesorabilmente le diseguaglianze”.

Cosa ha fatto il governo? Ha messo in campo una carta acquisti di 500 euro annuo per pochissime famiglie che però non devono ricevere nessun altro contributo pubblico, ha adottato all’Assegno di Inclusione che ha portato, nei primi 6 mesi dell’anno, alla riduzione della presa in carico di 628 mila nuclei familiari (pari a - 47 per cento) e di 1,1 milioni di persone (- 40 per cento), rispetto a quelli che nello stesso periodo del 2023 beneficiavano di Reddito e Pensione di Cittadinanza.

“Se l’obiettivo era quello di risparmiare sui poveri e sulle persone in difficoltà – chiosa la dirigente sindacale - allora si può affermare che il governo incassa un successo pieno!”.

Che fare, invece, è chiaro e lo ricorda ancora Barbaresi: “Di fronte a questi numeri, è necessario e urgente ripristinare uno strumento di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito che abbia carattere universale e contestualmente garantire un forte investimento nell’infrastrutturazione sociale per rispondere ai molteplici bisogni delle persone in condizioni di difficoltà e disagio (economico, abitativo, educativo, sociale, assistenziale ecc.), per garantire loro una vera presa in carico con servizi pubblici e sostegni, con azioni volte a rimuovere le cause che generano povertà, emarginazione, diseguaglianze, indicatori di arretratezza e ingiustizia”.

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