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“Siamo soddisfatti che il ministro del Lavoro Orlando si sia impegnato a presentare un emendamento al Decreto fiscale sull’assegno per i disabili”. È quanto ci dice Nina Daita, responsabile disabilità della Cgil, dopo aver letto l’annuncio del titolare del dicastero.
Facciamo un passo indietro. Lo scorso 14 ottobre l’Inps aveva annunciato che, sulla base di due sentenze della Cassazione, la pensione di invalidità da quel momento in poi sarebbe stata erogata solo a chi non svolge alcun tipo di lavoro. Stiamo parlando di 287 euro al mese per 13 mensilità erogate agli invalidi totali con un reddito inferiore ai 4.931 euro l’anno. La traduzione di quest’annuncio è che, ad esempio, quei ragazzi e quelle ragazze con disabilità psichiche o motorie che svolgono piccole attività retribuite poche centinaia di euro al mese (appunto sotto i 4.931 annui) non percepiranno più l’assegno Inps. Una decisione davvero grave e assai contestata non solo dalla Cgil, ma da tutte le associazioni dei disabili e delle loro famiglie.
Il lavoro, nelle forme per loro possibile, per molti di loro è uno strumento di socializzazione e integrazione quasi terapeutico. Impedirgli di svolgerlo pena la soppressione dell’assegno è una sorta di accanimento terapeutico. Non solo, stiamo parlando di famiglie e persone con redditi molto bassi per cui la decurtazione del già magro reddito è davvero problematica, e non se ne capisce la ragione giuridica visto che da decenni l’unico vincolo per aver diritto alla pensione di invalidità è la soglia economica.
“Stiamo parlando, ricorda ancora Daita, di piccole attività lavorative remunerate al massimo 300 euro al mese. Per loro quei 287 spesso sono indispensabili alla sopravvivenza. Noi da sempre riteniamo che l’assegno dovrebbe essere più alto, figuriamoci toglierlo. Per questo siamo contenti dell’annuncio di Orlando”. Nei giorni scorsi, infatti il ministro del Lavoro ha annunciato di voler presentare, in sede di conversione parlamentare del Decreto fiscale, un emendamento interpretativo della norma che sancisca come unico vincolo per ricevere l’assegno quello del reddito annuo. La domanda che rimane priva di risposta è come mai e sulla base di quale input l’Inps abbia diramato il messaggio n.3495 del 14 ottobre 2021, che afferma – appunto – che lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dal reddito che produce, costituisce di per sé una causa ostativa al diritto all’assegno di invalidità civile.
Ma sul fronte della disabilità le novità non finiscono qui. Il Consiglio dei ministri del 27 ottobre ha approvato il disegno di legge delega in materia di disabilità che pone le basi per quella “Legge quadro per le disabilità” prevista dal Pnrr alla Missione 5 – componente 2. Una riforma per cui il Pnrr però non stanzia nuove risorse. Notizia positiva? Insomma. Intanto la delega prevede 20 mesi di tempo per presentare i decreti attuativi che definiranno davvero la riforma. In secondo luogo “Il testo è stato definito in poche stanze di Palazzo Chigi, non solo senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali ma senza nemmeno preventivamente convocare l’Osservatorio sulla disabilità”, è ancora Daita a parlare: “Al momento stiamo parlando di un’enunciazione di principi e non di un testo normativo definito. In ogni caso speriamo che in sede parlamentare sia possibile avviare un confronto positivo”.
In ogni caso la delega definisce sei ambiti di intervento per costruire la riforma: definizioni della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore; accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base, unificando tutti gli accertamenti concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’handicap, anche ai fini scolastici, la disabilità prevista ai fini del collocamento mirato e ogni altra normativa vigente in tema di accertamento dell’invalidità; valutazione multidimensionale della disabilità, progetto personalizzato e vita indipendente; informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; istituzione di un Garante nazionale delle disabilità.
Principi, appunto, occorre aspettare la traduzione in norme per capirne significati e ricadute pratiche.