La certificazione di quanto dicono da tempo sindacato e associazioni del Terzo settore che ogni giorno si misurano con la difficoltà quotidiana di quanti vivono ai margini della società, l’ha sancita l’Inps: istituto pubblico la cui guida è stata scelta da Meloni.

Certifica infatti la Relazione del consiglio di indirizzo dell’Istituto nazionale di previdenza sociale che, rispetto all’anno precedente, nel 2023 si è “risparmiati” 7,62 miliardi di quelli impiegati per il contrasto alla povertà: si è passati dai 26 miliardi del 2022 ai 18,4 del 23.

Dobbiamo festeggiare? Sono diminuite le persone povere in Italia? Assolutamente no, purtroppo. Questo dato è il misero risultato dell’eliminazione del Reddito di cittadinanza e del sostanziale fallimento dei nuovi strumenti introdotti da Calderone, che non servono affatto a contrastare la povertà. I famigerati Supporto formazione e lavoro (Sfl) e Assegno di inclusione (Asi) che come obiettivo avevano e hanno quello di far risparmiare le casse dello Stato.

I numeri

Secondo l’ultimo Rapporto Istat i poveri assoluti in Italia sono cinque milioni e 600mila. Ci si occupa di loro? Assolutamente no, almeno non lo Stato; se ne prendono cura certamente molto di più le associazioni del terzo settore, dalle Acli all’Arci fino alla Caritas. E a sostenerlo non siamo certo noi, ma è proprio l’Inps che finalmente ha pubblicato il primo Osservatorio sulle misure Adi e Sfl. A leggerli c’è da rimanere sconcertati, benché assolutamente coerenti con quanto scritto nella Relazione del Civ. Se è vero che son stati tagliati oltre sette miliardi di fondi per il contrasto alla povertà, è ovvio che si siano ridotti di molto gli uomini e le donne che ricevono un assegno, per altro anch’esso decurtato.

Così l’Osservatorio

Al 30 giugno scorso sono state accolte quasi 700 domande di Assegno di inclusione, ma quante siano state le domande e a quante sia stata data risposta negativa non si sa. In ogni caso 697.640 è il numero preciso di domande accolte dal 1° gennaio 2024: corrispondono ad altrettanti nuclei familiari per circa un milione e 700mila persone, ben lontano dai quasi sei milioni di poveri certificati dall’Istat. La domanda, lo ricordiamo, è stata accettata perché all’interno della famiglia vi è o un anziano o un minore o una persona disabile. L’assegno medio mensile erogato ammonta a poco più di 600 euro.

La polvere sotto il tappeto

Quando non si ha voglia – e non si è capaci - di affrontare questioni complicate, così come quando fa fatica passare l’aspirapolvere sul pavimento e si nasconde polvere e sporcizia sotto un tappeto, per non dover rendere conto semplicemente si nascondono gli elementi di contraddizione. O i numeri di quanti non si aiutano a fronteggiare difficoltà e problemi. Così fa il governo, che non comunica quante domande sono state rifiutate e quanti non l’hanno nemmeno presentata di quei quasi sei milioni di persone, perché per loro non c’era nessuna possibilità venisse presa in considerazione. Ma se il tappeto si sposta, la polvere viene fuori.

La reazione

Il commento di Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil, è amaro e netto: “I dati dell’Inps certificano chiaramente che 600mila famiglie e un milione di persone in condizioni di disagio e povertà, che un anno fa beneficiavano del Reddito di cittadinanza, oggi sono escluse dall’accesso all’Assegno di inclusione e lasciate sole dal governo Meloni. Numeri che dimostrano come le scelte di questo esecutivo abbiano praticamente dimezzato la platea di coloro che potevano contare su una misura di contrasto della povertà”.

Le domande respinte

Non sappiamo né quante siano né perché non sono state accolte. Quello che, invece, sappiamo è che nel passaggio dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di inclusione una mannaia è calata su oltre il 40% di quanti percepivano il Rdc, se dalle percentuali passiamo agli uomini e alle donne scopriamo che circa mezzo milione di famiglie è rimasta senza nulla. Se a questi nuclei familiari aggiungessimo quanti nel corso del 2024 sono entrati in difficoltà, la cifra aumenterebbe ancora.

Lavoro ovvero chimera

Che Paese è quello che si disinteressa di quanti non riescono a farcela spacciandoli per fannulloni? Esiste un qualunque ente pubblico che ha tenuto conto di quanti cosiddetti “occupabili” - orrida definizione coniata da Meloni e Calderone – hanno cercato un qualsivoglia posto di lavoro, ma hanno trovato solo porte chiuse? Già, perché occorrerebbe ricordare che tra cercare lavoro e trovarlo esiste un mare di risposte negative; tanto più se si è considerati giovani per ottenere l’assegno di inclusione ma vecchi dal mercato del lavoro, chi darebbe un posto a un 55enne? O a una persona con scolarità bassa o bassissima o disoccupato da lungo tempo?

Lavoro povero

Peraltro, andrebbe ancora ricordato che in Italia esistono ben tre milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici poveri. Per loro le porte di un qualsivoglia strumento di contrasto alla povertà sono sbarrate, anche il fondo affitti o quello per la morosità incolpevole perché cancellati senza appello dal governo. Ma sempre Meloni e Calderone, con il fattivo aiuto del presidente del Cnel Renato Brunetta, hanno impedito che il Parlamento potesse almeno discutere la proposta di legge per introdurre il salario minimo legale.

La beffa del Sfl

Diceva Meloni che tutti quelli che possono lavorare devono farlo e che se non trovano lavoro avrebbero trovato nello strumento Sostegno formazione e lavoro la risposta ai loro problemi. Un corso di formazione per prepararsi al lavoro: frequentatolo si sarebbe conquistato il diritto ad un assegno di poco più di 300 euro mensili. Meglio di nulla, certo, ma sempre secondo l’Osservatorio Inps le domande accolte dal 1° settembre 2023 al 30 giugno 2024 per Sfl sono state in tutto 96.161. Quante le domande presentate? Non si sa. Quante le domande respinte? Non si sa. Quanti i corsi avviati e gli assegni erogati? Non si sa. Quanti i posti di lavoro trovati a fine formazione? Non si sa. E meno male che il lavoro sarebbe stata la vera risposta alla povertà.

Conclusione amara

È ancora Barbaresi a parlare: “Quello Meloni è un governo cinico che risparmia su povertà, fragilità e disagio, fingendo di ignorare che in Italia una persona su dieci vive in condizioni di povertà assoluta”. “Povertà – sottolinea – che colpisce maggiormente le famiglie numerose, le famiglie operaie, quelle del Mezzogiorno, quelle in affitto, i migranti, certificando le pesanti diseguaglianze nel nostro Paese. Certificando – aggiunge ancora la segretaria della Cgil – che si è poveri pur lavorando quando le condizioni retributive e di lavoro sono inadeguate; che si è più poveri se si vive in affitto, ma il governo ha azzerato i fondi per gli affitti e per la morosità incolpevole e non investe nell’edilizia pubblica. E – conclude – che si è più poveri nel Sud, ma con l’autonomia differenziata le diseguaglianze sono destinate a crescere inesorabilmente”.

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