PHOTO
Pensioni: che fine hanno fatto? L’ultimo incontro con le parti sociali c’è stato il 18 settembre 2023. L’ultimo di una serie riunioni pletoriche, con troppi partecipanti a un tavolo capace solo di annacquare e rendere impossibile qualsiasi ipotesi di contrattazione seria con chi rappresenta davvero cittadine e cittadini.
Insomma, 245 giorni di silenzio. Dopo una legge di bilancio che, nonostante le promesse in campagna elettorale, ha finito addirittura per peggiorare la legge Monti-Fornero. Un’assenza che peserà su cittadine e cittadini perché, commenta amaramente Lara Ghiglione, segretaria generale della Cgil, “in assenza di un intervento sulle misure in scadenza quest’anno, verranno cancellate 63.000 uscite rispetto al 2023”.
“Dopo le promesse e i continui slogan di numeri magici e di riforma del sistema, il silenzio del governo preoccupa, soprattutto considerando le scelte che dovrà compiere nei prossimi mesi”, aggiunge la dirigente sindacale.
“A fine 2024 – spiega infatti – scadranno alcune misure che l’esecutivo ha già indebolito negli ultimi due anni, come l’ape sociale, quota 103 e opzione donna, quest’ultima di fatto resa assolutamente inutilizzabile”.
Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Confederazione, ricorda che “secondo le stime indicate nella relazione tecnica che accompagnava la legge di bilancio 2024, queste tre misure dovrebbero portare quest’anno a 31.700 pensionamenti, con un taglio del 50,2% rispetto all’anno precedente. Ma le analisi dell’Ufficio previdenza della Cgil ne prevedono solo 11.750”.
“Se non ci sarà alcun intervento da parte dell’esecutivo – sottolinea ancora Cigna – il prossimo anno si potrebbe determinare un’ulteriore diminuzione delle uscite e arrivare ad un totale di 63 mila pensionamenti in meno, che si sarebbero ottenuti se il governo avesse prorogato le misure con i requisiti previgenti. A questo numero bisogna aggiungere le uscite già rese impossibili con la mancata proroga del contratto di espansione per il 2024 e con la cancellazione della misura a sostegno delle uscite a 62 anni per le piccole medie imprese”.
Un quadro che per Ghiglione “dice con chiarezza come questo governo sia riuscito realmente a peggiorare la legge Monti-Fornero, tanto più se consideriamo anche i tagli effettuati retroattivamente ai pubblici dipendenti nella scorsa legge di bilancio e i continui tagli effettuati alla perequazione delle pensioni”.
Per la Cgil il tema delle pensioni rimane centrale e “continueremo a rivendicare un netto cambiamento delle politiche finora avanzate, anche quelle sul mercato del lavoro. È necessario migliorare le condizioni di lavoro, cancellare la precarietà e il lavoro povero che condizionano negativamente il futuro previdenziale, come chiediamo con i nostri quesiti referendari”, attacca la sindacalista.
Che conclude: “È evidente che dopo le tante bugie raccontate, questo governo non abbia alcuna intenzione di occuparsene, come dimostra l’assenza di confronto con i sindacati. Il rischio è che per il terzo anno consecutivo si faccia cassa sulla previdenza”.