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Riparlare del futuro dei giovani e della condizione dei lavoratori già in pensione. Subito. Per Cgil, Cisl, Uil il tema della previdenza è prioritario e non va continuamente rimandato. Per questo le segreterie nazionali sollecitano nuovamente il ministro del lavoro Andrea Orlando, che invece continua a temporeggiare, mentre nel Piano nazionale di resistenza e resilienza (Pnrr) le pensioni continuano a essere considerate solo come un fattore di spesa. In realtà non c’è più tempo da perdere: si avvicina la scadenza di "quota 100" (che ha generato risparmi consistenti, visto che il numero dei lavoratori che ne hanno usufruito è molto inferiore alle previsioni di spesa) ed è necessario avviare un confronto sulla riforma che dovrà sostituire la legge Fornero. In vista dell’iniziativa unitaria del 4 maggio prossimo che avvierà la mobilitazione dei lavoratori, i sindacati rilanciano dunque le proposte della piattaforma unitaria. Eccole.
Flessibilità per scegliere
Occorre estendere la flessibilità nell’accesso alla pensione, permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Questa proposta è ancor più sostenibile considerando che siamo a un passaggio di fase decisivo per il sistema previdenziale, in quanto le future pensioni saranno liquidate prevalentemente o esclusivamente con il calcolo contributivo. Contestualmente vanno ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi del trattamento (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale), penalizzando in questo modo i redditi più bassi. Bisogna, inoltre, modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione.
Misure ad hoc sulla pandemia
Per evitare drammatiche ricadute sociali della pandemia, è necessario utilizzare strumenti efficaci per favorire il passaggio dal lavoro alla pensione che potranno risultare utili anche per governare la difficile fase che si aprirà con lo sblocco dei licenziamenti e per favorire il ricambio generazionale. Si ritiene urgente, pertanto, rendere più accessibili ed efficaci gli strumenti già esistenti come il contratto di espansione e l’isopensione, che prevedono l’uscita anticipata dal lavoro rispettivamente di cinque e sette anni dalla maturazione della pensione, andando oltre i pur importanti interventi migliorativi previsti dall’ultima legge di bilancio, dal momento che permane l’esclusione della maggior parte del mondo del lavoro dalla possibilità di un loro utilizzo.
Sostenere i più deboli
Come sostegno concreto alle categorie più deboli (disoccupati, invalidi , care giver, lavori gravosi e usuranti) vanno garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per accedere alla pensione a tutte queste categorie, a iniziare da quelle che rientrano nell’Ape sociale (disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha svolto lavori gravosi o usuranti). In questo contesto è necessario tutelare la figura dei “lavoratori fragili” che nell’emergenza sanitaria sono più esposti ai rischi del contagio, e ampliare la categoria dei disoccupati, a partire da quelli di lunga durata, fra cui gli esodati. La platea dei lavori gravosi e usuranti andrà sensibilmente allargata sulla base di dati oggettivi che attestino il diverso rapporto tra attività lavorativa svolta e speranza di vita. Per questa ragione è necessario riattivare la Commissione incaricata del lavoro di studio e di analisi sulle diverse gravosità dei lavori. È necessario inoltre tener conto anche di coloro che svolgono attività lavorative con esposizione a materiale nocivo e a coloro che hanno avuto il riconoscimento di una malattia professionale Inail e, più in generale, di coloro che sono affetti di malattie che determinano un’attesa di vita più bassa. Infine, le pensioni di inabilità, con quote nel sistema contributivo, vanno valorizzate attraverso un coefficiente di trasformazione che tenga conto dell’impossibilità dello svolgere qualsiasi attività lavorativa e un’attesa di vita sicuramente più bassa rispetto alla media.
Donne e lavoro di cura
Gli interventi normativi di questi ultimi anni hanno equiparato i requisiti per la pensione di vecchiaia fra uomini e donne, quando invece rimangono ancora profonde le differenze fra i due generi nel mercato del lavoro, nei percorsi professionali e nella distribuzione del lavoro di cura in ambito familiare. Le stesse misure adottate per rendere più flessibile l’accesso alla pensione, come l’Ape sociale e quota 100, hanno visto poche donne beneficiarne, a causa dell’elevato requisito contributivo richiesto. È quindi necessario prevedere soglie contributive d’accesso alla pensione compatibili con le condizioni delle donne e la proroga di “Opzione donna”. Il lavoro di cura non retribuito, svolto in prevalenza dalle donne, è una voce fondamentale del welfare del nostro Paese ed è necessario tenerne conto a livello previdenziale con misure adeguate, come il riconoscimento di 12 mesi di anticipo per ogni figlio (o a scelta della lavoratrice una maggiorazione del coefficiente di trasformazione) e il riconoscimento di un anno di contribuzione ogni cinque anni dedicati al lavoro di cura di persone disabili o non-autosufficienti in ambito familiare.
Una pensione di garanzia per i giovani
Per tutelare i giovani, il lavoro povero e quello discontinuo, andrebbe introdotta nel sistema previdenziale pubblico una pensione contributiva di garanzia. Senza lavoro dignitoso non c’è pensione dignitosa e la priorità deve essere un lavoro stabile e di qualità. Ma visto il diffondersi dei lavori discontinui, part time o poveri, fenomeni che coinvolgono in particolare i più giovani e le donne, è necessario intervenire anche sul fronte previdenziale per evitare un’emergenza sociale devastante, considerando anche che chi rientra nel sistema contributivo non può contare neanche nell’integrazione al minimo della pensione. Cgil, Cisl, Uil richiedono pertanto la creazione di una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale.
Previdenza e assistenza
Nella determinazione della spesa pensionistica, così come oggi viene statisticamente rilevata, incidono molte voci che non hanno natura previdenziale e non hanno corrispondenza nelle rilevazioni degli altri Paesi europei. Dati che non considerano inoltre il differenziale fiscale, più alto per i pensionati del nostro Paese, che per lo Stato non rappresenta una spesa ma solo una partita di giro. Tutto ciò porta a una rappresentazione fuorviante della situazione, da più parti riconosciuta. Occorre pertanto riattivare al più presto i lavori della Commissione preposta all’analisi della spesa previdenziale e assistenziale soprattutto per poter giungere a una corretta rappresentazione dell'effettiva spesa pensionistica italiana.
Montanti contributivi
È necessario prevedere nel sistema contributivo un'incidenza effettiva delle maggiorazioni anche nella misura delle prestazioni pensionistiche, attraverso una valorizzazione del montante contributivo o del coefficiente di trasformazione. Inoltre, sarebbe importante considerare la specificità del lavoro part time, attraverso la corretta imputazione della retribuzione da assumere nel calcolo di alcuni istituti, come il riscatto e i versamenti volontari.
I fondi pensione
Secondo Cgil, Cisl, Uil è necessario rilanciare le adesioni alla previdenza integrativa negoziale, da anni sostanzialmente stagnanti, rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani. In questa direzione i sindacati propongono un nuovo periodo di silenzio-assenso e un'adeguata campagna informativa e istituzionale, così come meccanismi che consentano alla persona di poter esercitare liberamente la scelta di adesione. Cgil, Cisl e Uil chiedono di riportare la tassazione degli investimenti dei fondi pensione alle precedenti aliquote più favorevoli e di promuovere le condizioni perché i fondi investano maggiormente nell’economia reale del Paese, prediligendo il sostegno alle infrastrutture, anche sociali.
Tutelare le pensioni in essere
Va garantita la tutela dei redditi da pensione, particolarmente colpiti in questi anni, attraverso il rafforzamento e l’ampliamento della “quattordicesima”, una minore tassazione fiscale (che sui pensionati italiani pesa il doppio rispetto alla media europea) e il ripristino della piena rivalutazione delle pensioni. Vanno parificate le condizioni di accesso al Tfr e Tfs tra settore pubblico e settore privato. Inoltre, è necessario intervenire sulla prescrizione contributiva dei lavoratori della pubblica amministrazione che devono essere messi in condizione di verificare la propria situazione previdenziale, ancora oggi incompleta e non corrispondente all'effettiva carriera lavorativa. Solo così si possono tutelare i lavoratori dal rischio di perdere periodi di contribuzione con gravi danni sulla futura pensione.
Il caso esattoriali
Va individuata una soluzione per il Fondo esattoriale Inps, dando attuazione al decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 55 del 8 maggio 2018, con il quale veniva stabilito che le risorse del Fondo di previdenza dovessero essere utilizzate per dar luogo a una pensione aggiuntiva calcolata con il sistema contributivo.