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Ventuno anziani e un operatore sanitario positivi al Covid-19. Torna il Coronavirus nelle case di riposo e lo fa a Milano, in una Rsa della periferia Nord Ovest della città, la Quarenghi gestita dalla cooperativa Coopselios. Il primo caso post-emergenza, che ha una particolarità: solo un paziente mostra sintomi, gli altri sono tutti asintomatici. In ogni caso, metà degli ospiti contagiati è stata portata in ospedale, gli altri sono isolati nella struttura in attesa di esser trasferiti in un reparto Covid ospedaliero.
“Non sappiamo in che modo si sia originato il contagio, anche perché non riusciamo ad avere notizie dirette – afferma Isa Guarneri, segretaria Fp Cgil Milano -. La direzione non ha risposto alle nostre richieste, i lavoratori per evitare ritorsioni, che in questi mesi di emergenza sono state numerose, preferiscono non esporsi”. Le Rsa sono tuttora chiuse alle visite esterne. Vi possono entrare solo gli operatori e in alcuni casi eccezionali, espressamente autorizzati, anche i parenti che incontrano i familiari attraverso un vetro o a distanza e bardati con camici, cuffie, calzari, mascherine. I nuovi ospiti, invece, prima di essere ammessi in una casa di riposo, devono sottoporsi a due tamponi e stare in isolamento per 14 giorni.
“Seguiamo da vicino l’evoluzione della situazione nelle Rsa: oltre al rischio contagio, che tuttora esiste, ci sono anche altri problemi – spiega Valerio Zanolla, segretario Spi Cgil Lombardia -. La Regione dovrebbe coprire il 50 per cento della retta di ogni paziente, ma paga quote nettamente inferiori. Questo provoca un aumento del contributo chiesto alla famiglia, che a volte diventa insostenibile. Inoltre, le liste di attesa per entrare sono lunghe, e nonostante si siano liberati molti posti perché il tasso di mortalità, ahimè, è tristemente aumentato, i nuovi ingressi sono bloccati: le procedure sono lente e complesse. Di conseguenza, le case di riposo con difficoltà di bilancio, proprio perché non hanno tutti i posti disponibili occupati, rischiano di chiudere”.