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Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Questo la sintesi di quanto si è appena consumato alla Camera. Il governo ha imposto l’approvazione di un decreto propaganda che non serve a risolvere l’annosa questione della lungaggine delle liste di attesa, mentre è assai “utile” a spostare le già scarse risorse dalla sanità pubblica ai privati. E già, perché la norma aumenta la quota di prestazioni che le Regioni possono “acquistare” dal privato convenzionato pagandole con i soldi destinati a ospedali, Asl e ambulatori pubblici.
“Non solo non ci sono risposte concrete, non c'è proprio la benché minima risposta. Un’altra occasione persa. Solo un'operazione propaganda, solo qualche slogan a cui non crede neanche il ministro Schillaci”. Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi in seguito alla conversione in legge del decreto.
Ma se si approva un provvedimento sbagliato e, invece di ascoltare critiche e perplessità che arrivano da ogni parte, a cominciare dalle Regioni governate dagli stessi partiti che siedono a Palazzo Chigi, per finire ai sindacati, si persegue nell’errore, il disegno allora è “diabolico” come insegna il vecchio detto popolare. La verità è che mentre si annunciano provvedimenti risolutivi, il vero obiettivo di Schillaci e Meloni è un altro: privatizzare la sanità pubblica.
Aggiunge, infatti, la segretaria della Cgil: “Una propaganda povera di contenuti e di concretezza. Resta la vecchia ricetta, tanto cara al governo, di ricorrere al privato a cui dirottare le risorse pubbliche, accelerando la privatizzazione della sanità e, in prospettiva, svuotando i portafogli delle persone”.
C’è poi la beffa: nel provvedimento che di risolutivo e salvifico proprio non ha nulla, si son riscritte norme già in vigore e mai applicate per impraticabilità del campo, dall’agenda sia delle strutture pubbliche che di quelle private nelle mani del Cup regionale mai realizzata perché i privati non consegnano la loro; al divieto di chiudere le agende, pratica invece assai diffusa; fino alla possibilità di effettuare indagini strumentali e visite specialiste anche la sera e i sabato e le domeniche: da tempo si può fare ma non si fa perché mancano medici, infermieri, tecnici di lavoratori e strumentali, e quelli in servizio già hanno saturato tutte le ore di straordinario disponibili.
Peccato che per assumere i professionisti necessari a far funzionare il sistema occorre far saltare davvero il tetto di spesa e implementare le risorse a disposizione delle Regioni.
“Il ministro Schillaci – aggiunge Barbaresi - parla di salvifici interventi strutturali. E quali sarebbero? Quelli già previsti dal 2019 nel Piano nazionale per il governo liste d'attesa? E soprattutto con quali risorse? Con quali strumenti? Con quale personale?”.
“Parlare di ‘interventi strutturali’ con zero risorse, in un quadro di drammatico sottofinanziamento del Ssn significa solo prendere in giro i cittadini e il personale che nel e per il Servizio sanitario nazionale lavora”, conclude Barbaresi.
E i cittadini e le cittadine sono stanchi, davvero stanchi di prese in giro.