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Tanto tuonò che piovve. Il presidente Francesco Rocca, durante la campagna elettorale promise che, eletto lui, la sanità del Lazio sarebbe profondamente cambiata dai pronto soccorso alle liste di attesa. La delega per il settore ha deciso di tenerla per sé, appena insediato, cominciò a parlare di un buco nei bilanci della sanità. Oggi fa sapere che il bilancio chiuderà in pareggio e non c’è buco (altrimenti avrebbe sottoposto sistema e cittadini ad un nuovo piano di rientro), ma da quando è stato eletto la situazione è peggiorata.
Cosa succede
“Il bilancio di questi mesi di presidenza Rocca è negativo” afferma Natale Di Cola, segretario generale della Cgil regionale che aggiunge: “Bloccate le assunzioni già previste e avviate, si esternalizzano interi settori strategici del servizio sanitario nazionale mentre si chiudono appalti in essere e si licenzia personale. Sempre più spazio ai privati. Per di più avendo tenuto per sé la delega il tempo, forse anche la volontà, di confronto con le organizzazioni sindacali non c’è”.
Cosa dicono i numeri
Questa è tra le regioni in fondo alla classifica per spesa sanitaria pro capite. Secondo i dati della Corte dei Conti rielaborati dall’Area Stato sociale e diritti della Cgil Nazionale, nel 2022 (ancora anno di pandemia) nel Lazio era pari a 2.181 euro. Se, a leggere i dati del ministero della Salute ogni 1000 abitanti ci sono 4,2 posti letto (tra pubblici e privati accreditati) a guardar meglio si scopre che tra il 2010 e il 2020 se ne sono persi ben 5.093 passando da 25.248 a 20.155 e solo nel 2021 si è tornat1, causa pandemia da coronavirus che ha squadernato quanti pochi fossero, a 23.326. Chissà fra un paio di anni quanti ne saranno rimasti.
Pubblico o privato?
Privato accreditato in costante aumento. Qualche esempio? I posti letto per acuti in strutture pubbliche nel 2010 erano il 61,2% (comunque troppi), nel 2019 si erano ridotti passando al 57,5. Se già questa non è una buona notizia la situazione precipita per quel che riguardi i posti per lungo degenti solo il 6,1% è pubblico e quelli per riabilitazione 5,1. E su 3,8 miliardi complessivamente destinati a operatori privati nel 2021 (il 22 per cento in più rispetto al 2012), quasi 1,6 sono stati assorbiti dai servizi ospedalieri presso strutture private accreditate, con un trend in forte crescita negli ultimi tre anni, senza interruzione durante l’emergenza pandemica. Il valore per abitante delle prestazioni fornite da operatori privati è di 669 euro nel 2021, il 20 per cento in più rispetto a dieci anni prima. Ma non è solo questione di numeri ma anche di qualità. Racconta, infatti e purtroppo il segretario della Cgil: “Continuano a esternalizzare, dopo gare che abbiamo bloccato e i medici a gettone, ora siamo all’esternalizzazione di alcuni settori delicatissimi come le terapie intensive e le chirurgie: il cuore del servizio della regione”.
Il personale
Una vera e propria emorragia negli ultimi dieci anni. Anche in questo caso la curva si è parzialmente invertita nel 2021, ma quel che è stato fatto rischia di essere vanificato dalla giunta Rocca. Nel 2010 i dipendenti del servizio sanitario erano 48.274, di questi 9.021 medici, 21.306 infermieri e infermiere, 5.450 tecnici, 35.531 sanitari, 6.052 amministrativi. Nel 2020 in totale erano 40.790 e nel 2021 sono diventati 43.219. Stessa curva vale per i singoli professionisti. I medici nel 2019 erano 7.896 e nel 2021 son saliti a 8.332, mentre infermieri e infermiere 17.979 nel 2019 e nel 2020 son saliti a 20.695. Il commento di Natale Di Cola è netto: “Siamo a un sostanziale blocco delle assunzioni dopo un ultimo periodo dove si era riusciti a aumentarne il numero, la Regione ha verticalizzato tutto e i concorsi che erano stati preparati nella scorsa consiliatura sono fermi. Per garantire i servizi ai cittadini nel biennio servirebbero 10.000 nuove assunzioni”.
Le liste di attesa
Secondo i dati della Corte dei Conti, solo il 40% delle risorse stanziate per il recupero delle liste d’attesa sono state utilizzate, e purtroppo i risultati si vedono. Secondo una elaborazione della Cgil regionale che ha “studiato” il rispetto dei tempi previsti per le prenotazioni con indicazione di urgenza, si scopre che nel confronto tra il primo trimestre del 2023 e il primo del 2022 si evidenzia il peggioramento in tutte le Asl del rispetto dei tempi di attesa: dal -10,6% della Asl Roma 3, al -28,1% della Asl Roma 2. Il risultato è che ben il 6,5% della popolazione rinuncia alla diagnostica e alle cure perché non può permettersi di pagarle.
La sanità di territorio
Siamo messi male. Nel 2021 i medici di medicina generale erano 4.244, pari a 7,42 ogni 10.000 abitanti e ben il 37% di loro è costretto ad assistere più di 1.500 pazienti. E poi, il Lazio è la quartultima regione per assistenza domiciliare: solo 980 casi trattati ogni 100.000 abitanti ma non dal pubblico. L’Adi, infatti, è tutta affidata ai privati. Il dato consolidato a luglio 2023 racconta che sono 122 le aziende/cooperative autorizzate di cui 75 accreditate e 10 con iter di accreditamento in corso. Altre 52 hanno avviato l'iter di autorizzazione. Per quanto riguarda, poi, i consultori familiari, la legge prevede ce ne sia almeno uno ogni 20.000 abitanti, ma nel Lazio siamo allo 0,5.
Così proprio non va
“Sono molte le proposte che avremmo voluto illustrate all’assessore alla salute”, dice Di Cola: “Ma Rocca, essendo ovviamente impegnato nell’attività di presidente, non ha mai trovato il tempo di confrontarsi con noi, da un vero e proprio rilancio della sanità territoriale al miglioramento dell’assistenza domiciliare, partendo ovviamente dal reclutamento del personale. Insomma vorremmo contribuire al piano sanitario regionale, di cui però non c’è traccia”. Allora il segretario è netto: “Continueremo a incalzare la Regione Lazio. A fine dicembre faremo una nostra iniziativa per presentare tutte le criticità del sistema e le proposte della Cgil per salvare il servizio sanitario regionale. Siamo preoccupati, molto, che le cose in futuro possano addirittura andare peggio”.