Il governo intervenga per sterilizzare l’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici che scatterà a partire dal 2027. Al via la campagna della Cgil che punta a impedire un automatismo che, come spesso accade, finirebbe per colpire i più fragili sul mercato del lavoro: vale a dire chi ha percorsi di carriera discontinui e precari.

Per la pensione tre mesi in più

Dal 1° gennaio le attuali disposizioni prevedono un innalzamento di 3 mesi dell’età pensionabile come conseguenza dell’adeguamento alla speranza di vita. Un meccanismo che, sulla base dei rilevamenti periodici dell’Istat, interviene ogni due anni con un apposito decreto interministeriale emanato da ministero dell’Economia e ministero del Lavoro.

Se il governo non interverrà, nel 2027 è dunque previsto un nuovo incremento pari a 3 mesi, che porterà l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi e i requisiti per la pensione anticipata a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne. Questo innalzamento, tra l’altro, produrrà addirittura dei nuovi esodati: oltre 44 mila lavoratrici e lavoratori che hanno aderito negli ultimi anni a misure di uscita anticipata e che rischiano di ritrovarsi dal 1° gennaio 2027 senza reddito e senza contribuzione.

L’obiettivo di questa campagna, spiega il responsabile previdenza della Cgil Ezio Cigna, è “informare e sensibilizzare lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati su un tema di grande rilevanza sociale”. Senza interventi di correzione, continua, il peso di questo meccanismo “ricadrà sempre di più su chi ha percorsi lavorativi discontinui e condizioni di precarietà. Questo rende ancora più rilevante la mobilitazione per i referendum sul lavoro dell’8 e 9 giugno. Far sì che il lavoro non sia povero e precario è infatti essenziale per avere in futuro pensioni adeguate”.

Pensioni più povere

Nonostante le promesse in campagna elettorale questo governo sta dunque procedendo in due direzioni molto chiare: allontanare sempre più l’età pensionabile - anche penalizzando fortemente i pur non sufficienti interventi correttivi della Fornero come Opzione donna, Ape sociale e Quota 103 - e rendere le pensioni sempre più povere. Il sistema fondato sull’adeguamento alla speranza di vita, infatti, agisce anche sull’importo futuro degli assegni peggiorando i coefficienti di trasformazione già avvenuto nel 2025.

Secondo calcoli della Cgil un lavoratore che guadagna circa 30 mila euro l’anno e andrà in pensione di vecchiaia nel 2025 a 67 anni avrà un assegno del 2% inferiore a quello di chi è andato in pensione nel 2024. Questo significa una perdita lorda su una pensione di 1.250 euro di 25 per un totale di oltre 326 euro l’anno. Nell'intero periodo della pensione attesa si perderanno oltre 5 mila euro.

Leggi anche

La Cgil chiede dunque di modificare un meccanismo iniquo che, attacca Cigna, “colpisce tutti i lavoratori che andranno in pensione dal 2025 in avanti. Un meccanismo perverso che rischia di impoverire sempre di più coloro, i giovani, che hanno tutta la posizione contributiva dopo il 1995. La Cgil denuncia da tempo l’iniquità di un sistema previdenziale in cui in caso di allungamento dell’aspettativa di vita, le ricadute sono doppie: si allunga il traguardo pensionistico e si abbassano i coefficienti di trasformazione”.