La marcia indietro del governo sul blocco della rivalutazione delle pensioni è confermata. Dal testo della Legge di Bilancio è stato infatti stralciato l’articolo che prevedeva un ennesimo slittamento al 2023 del sblocco del meccanismo che congela la rivalutazione degli assegni previdenziali. Grande soddisfazione, ma anche prudenza dello Spi Cgil, che è stato protagonista della retromarcia del governo. L’invito alla prudenza – almeno fino a quando i giochi finali non sia fatti – arriva anche dal sito pensionati.it, promosso dallo Spi.

Stiamo guardinghi
“La proroga del blocco al 2023 non è più presente nel testo della legge di bilancio ma questo non significa che non possa rientrarci. Certo, conta la volontà politica e quella espressa dal governo in queste ore a seguito delle proteste dei sindacati è piuttosto esplicita. Per sicurezza bisognerà però aspettare la definitiva approvazione della legge di bilancio da parte del Parlamento. C’è tempo fino al 31 dicembre 2020 ma realisticamente arriverà prima.La notizia viene commentata anche dal segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti: “Vigiliamo e facciamo attenzione, che non si sa mai”, sostiene cauto e a ragione il segretario generale. “Possiamo però dire – continua - che la nostra voce si è sentita e che al momento abbiamo riparato ad un errore clamoroso e all’ennesimo tentativo di mettere le mani nelle tasche dei pensionati”.

 

Ora che succede?
In concreto, dal primo gennaio 2022 entrerà in vigore un nuovo meccanismo di rivalutazione che permetterà un maggiore recupero di potere d’acquisto delle pensioni. Gli scaglioni saranno tre: il primo, al 100%, fino alla quota di quattro volte il trattamento minimo; il secondo, al 90%, per la quota da quattro a cinque volte il trattamento minimo; il terzo, al 75%, per la quota sopra cinque volte il trattamento minimo.Attualmente il sistema prevede invece una rivalutazione al 100% solo per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo, al 97% per quelle tra tre e quattro volte, al 77% per quelle tra quattro e cinque, al 52% per quelle tra cinque e sei e a decrescere ulteriormente per gli importi più elevati.

I contraccolpi della pandemia
Il sindacato dei pensionati risponde anche a chi lamenta i mancati benefici da subito. “E’ vero, ma per i pensionati al momento non sarebbe comunque cambiato nulla. L’indice di rivalutazione fissato per il 2021 infatti è pari allo 0,0%, anche e soprattutto per i contraccolpi economici causati dall’emergenza Covid-19. Significa che il valore delle pensioni per quest’anno purtroppo non cambierà. È più realistico pensare invece che dall’anno successivo questo indice possa crescere, portando nelle tasche dei pensionati qualche soldo in più, dopo tanti anni di blocchi finalmente anche con un sistema di rivalutazione migliore.