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Certo la coerenza non è la maggior virtù del Governo. Da un lato impone al Parlamento e al Paese l’Autonomia differenziata dall’altro approva un Decreto il cui obiettivo sarebbe l’abbattimento delle liste di attesa in sanità, che sposta al “centro” il controllo su quanto ospedali e aziende sanitarie fanno per rispettare i tempi previsti per esami e visite specialistiche. E le Regioni hanno detto “No” il Decreto così proprio non va.
Difficile a credersi ma è proprio così la Conferenza delle Regioni, a larghissima maggioranza di centro destra, ha bocciato il Decreto del Governo dello stesso colore.
Dicono le Regioni
Sonno davvero arrabbiate, si legge infatti nel Documento approvato: “Le Regioni e le Province Autonome ritengono imprescindibile lo stralcio dell’articolo 2 la cui attuale formulazione è quanto meno lesiva del principio di leale collaborazione, laddove prevede che a fronte delle segnalazioni di cittadini, enti locali ed associazioni di categoria (che dovrebbero essere innanzitutto trasmesse alle Regioni interessate) l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria possa accedere presso le Aziende sanitarie, scavalcando le Regioni e le Province Autonome, anche avvalendosi del supporto del Comando Carabinieri per la tutela della salute (anziché delle Regioni stesse)”. Non solo, la situazione è davvero delicata visto che le Regioni mettono nero su bianco che qualora quell’articolo non venisse stralciato o almeno modificato, conterebbe “dei profili di illegittimità costituzionale”.
Le reazioni
Davvero un bel rompicapo, ma annunciato. Appena il provvedimento fu varato dal Consiglio dei Ministri, guarda caso a pochi giorni dall’elezioni europee, la Cgil aveva denunciato che quel testo altro non era che uno spot elettorale, che reiterava provvedimenti già in vigore da anni e che non provvedeva a ciò che davvero servirebbe: più risorse e più personale. Anzi, contiene un ulteriore spostamento di risorse destinate alla sanità pubblica verso le strutture private. All’indomani della bocciatura delle Regione Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil, dice: “La bocciatura delle Regioni al decreto liste d'attesa brucia la propaganda governativa più delle temperature di questi giorni. Ciò dovrebbe preoccupare molto il Ministro della Salute e indurlo ad occuparsi seriamente del Servizio Sanitario Nazionale abbandonando la strada dello smantellamento”.
Analogo parere è quello espresso in una nota dalla Fp Cgil: “Il governo Meloni ha prodotto uno spot elettorale per le europee che non contiene alcun provvedimento concreto utile a dare risposte alle cittadine e ai cittadini. Una brutta scatola vuota, infarcita di invasioni di campo del governo nei confronti delle Regioni, che ha nella creazione di un servizio ispettivo in mano all’arbitrio del Ministro l’elemento più concreto".
Ma c’è dell’altro
E già perché, visto che dalle parti delle Regioni i conti li sanno fare e bene, han fatto presto a capire che in quel Decreto non ci sono risorse nuove da investire nella riduzione delle liste di attesa, ed infatti scrivono nel Documento approvato dalla Conferenza che qualunque attività di riduzione dei tempi in sanità: “non può prescindere dalla disponibilità di congrue risorse economico-finanziarie aggiuntive e di adeguate risorse umane". Insomma le nozze con i fichi secchi non si possono fare, chiacchiere e promesse che mai vengono realizzate non servono. Si legge ancora: “Considerato che il livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale è notoriamente sottodimensionato, rispetto a quello dei principali Paesi europei, e sta determinando serie difficoltà in tutte le Regioni, incluse quelle che il Ministero della Salute ha collocato ai primi posti per la qualità dell’assistenza sanitaria, ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario dei bilanci sanitari, le Regioni non sono nelle condizioni di finanziare il costo di misure ed interventi aggiuntivi, seppur condivisi per la finalità, poiché il Fondo Sanitario Nazionale è già largamente insufficiente". Insomma le regioni scrivono quanto la Cgil afferma da tempo.
La risposta di chi di tutela gli operatori sanitari
A far di conto tutti i giorni con la scarsità di risorse sono medici, infermieri, tecnici di laboratori, operatori socio sanitari e addetti alle pulizie, e chi si occupa di loro. Non poteva quindi mancare la presa di posizione della Fp Cgil: “Le Regioni, come noi avevamo fatto - osserva -, denunciano la totale assenza di coperture di un provvedimento che ricicla risorse che alle Regioni sono già state assegnate dalla legge di bilancio e che dovrebbero essere già state impegnate allo stesso scopo. Ma, soprattutto, il decreto non contiene nulla di concreto e rilevante per fare ciò che le Regioni stesse indicano come indispensabile: assumere personale, stabilizzare i precari, eliminare i tetti di spesa, perché è così che si riassorbono le liste di attesa, è così che si possono tenere aperte le strutture nei fine settimana e di notte. Il resto sono chiacchiere, come quelle contenute a questo proposito nel decreto. E ora lo dicono anche le Regioni, tutte".
Manca il personale
Da quando si è insediato al ministero, Schillaci non fa altro che annunciare il superamento del tetto di spesa per il personale – introdotto anni fa da un altro governo di centro destra a guida Berlusconi – per l’assunzione di nuovo personale. Sarà, ma anche in quest’ultimo Decreto in realtà nulla, e anche solo sostituire chi va in pensione è un bel rompicapo, figurarsi aumentare il personale in servizio. L’articolo 5 del Decreto, serve davvero a poco. A dirlo son sempre le Regioni, tocca infatti proprio a loro assumere personale, che affermano, rispetto al superamento del tetto di spesa, essere: “limitate ed insufficienti le novità per l’anno in corso e poche novità anche per l’anno 2025, peraltro condizionate alla definizione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli Enti del Ssn ed alla conseguente approvazione del Piano dei fabbisogni triennali regionali del personale", metodologia che a loro dire sarebbe “priva di reale efficacia”.
Dice il sindacato
Ancora una volta la Fp Cgil si trova sulla stessa lunghezza d’onda delle Regioni: “non si contano più, dal suo insediamento, le interviste e le dichiarazioni con le quali il ministro Schillaci ha annunciato il superamento dei limiti finanziari e normativi alle assunzioni. Non è successo nulla, per il semplice motivo che si trattava di annunci vuoti, lanciati senza rispetto per chi nel Ssn lavora e per le cittadine e i cittadini che nel frattempo hanno visto peggiorare la capacità di risposta del sistema, venendo invitati più o meno esplicitamente, nel frattempo, a rivolgersi al privato, come dimostra il fatto che si continuano a spostare prestazioni nel privato, settore nel quale non si rinnovano i contratti e che vede le lavoratrici e i lavoratori mobilitati con scioperi già proclamati. Alle lavoratrici e ai lavoratori del Servizio sanitario pubblico, poi, dato che non si assume, si propone di farsi carico delle carenze di organico incrementando il proprio orario di lavoro di fatto attraverso ulteriori prestazioni aggiuntive; lo stesso governo che stanzia per il rinnovo del contratto un terzo di quanto sarebbe necessario, dice così ad un personale da tempo sopraffatto dai carichi di lavoro, che fatica ad andare in ferie, che salta i riposi settimanali, che se vuole guadagnare qualcosa in più deve lavorare ancora di più. Non è così che si attraggono le lavoratrici e i lavoratori verso il servizio pubblico".
Non resta che la mobilitazione
Scioperi, sempre assai responsabili per tutelare comunque i pazienti che hanno sempre diritto alla cura. Mobilitazioni e manifestazione hanno scandito i mesi trascorsi e continueranno a scandire anche quelli futuri. Per Barbaresi, infatti: “È sempre più evidente la volontà del Governo Meloni di privatizzare la salute", aggiunge la dirigente sindacale. "Anche questa volta - conclude - non c'è nessuna vera risposta alle persone che attendono di essere curate e i roboanti annunci pre-elettorali si sciolgono come ghiaccio al sole”. E mentre le promesse si sciolgono ed evaporano, l’impegno e la fatica di quanti garantiscono assistenza e cura rimangono. "Per questo la Funzione Pubblica Cgil continuerà nella propria campagna di mobilitazione per un piano straordinario di assunzioni chiamando le lavoratrici e i lavoratori, le cittadine e i cittadini, a far sentire la propria voce per rivendicare le risorse necessarie per far funzionare il nostro Servizio sanitario nazionale e riconoscere il lavoro delle professioniste e dei professionisti che al suo interno operano".