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La conferma è arrivata: partono i licenziamenti. La multinazionale finlandese Wärtsilä ha ribadito l’intenzione di chiudere la linea produttiva di motori navali dello stabilimento di Trieste e di avviare 451 esuberi (su 970 dipendenti), decisione annunciata il 14 luglio scorso. Immediata la replica dei sindacati, che hanno indetto per giovedì 4 agosto uno sciopero nazionale di otto ore e una manifestazione nel capoluogo friulano per la fine di agosto.
“Abbiamo chiesto al presidente di Wärtsilä di ritirare la procedura di licenziamento e mantenere la produzione, visto il valore strategico dei motori marini in tutta la filiera della cantieristica italiana”, spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, ricostruendo l’incontro che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico nel pomeriggio di mercoledì 27 luglio.
“Il ministro Giorgetti e il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, nel sostenere la posizione delle parti sindacali, hanno ricordato alla dirigenza Wärtsilä le ingenti risorse pubbliche riconosciute all'azienda per sostenere la ricerca e gli investimenti infrastrutturali”, proseguono le tre sigle metalmeccaniche, rimarcando la proposta del governo “di rafforzare i legami commerciali e produttivi della multinazionale con aziende del sistema italiano, nei fatti un coinvolgimento nel progetto industriale ?Industria del mare’, rivolto in particolare alla cantieristica navale”.
Ma non c’è stato nulla da fare. “La delegazione di Wärtsilä, dopo aver fatto una propria valutazione durante una sospensiva, ha ribadito la propria posizione e, di fatto, dato uno schiaffo al governo italiano”, concludono i sindacati. Da qui la decisione della mobilitazione e dello sciopero nazionale del 4 agosto.
“Una decisione inaccettabile, che vorrebbe fare scempio del patrimonio industriale e professionale del sito di Trieste, pregiudicando la stessa presenza della multinazionale nelle basi di Genova e Napoli”, commenta il segretario nazionale Fiom Cgil Luca Trevisan, rimarcando come “oltre 700 siano i lavoratori licenziati, tra diretti e indotto”.
Una decisione gravissima, aggiunge l’esponente sindacale, anche perché “respinge al mittente le disponibilità avanzate dal governo per un rafforzamento dei legami produttivi, tecnologici e commerciali, sia nel settore civile sia in quello militare, con le imprese del sistema industriale italiano, in particolare nel settore della navalmeccanica”. La Fiom, dunque, si dichiara “indisponibile a gestire gli effetti di una decisione non condivisibile” e assicura tutto il proprio impegno “per salvaguardare l'occupazione e la continuità produttiva del sito di Trieste”.
La vertenza Wärtsilä, conclude il segretario nazionale Luca Trevisan, è da questo punto di vista “paradigmatica per tutto il Paese, per misurare l'efficacia della legislazione atta a contrastare le delocalizzazioni, salvaguardare l'occupazione e il lavoro industriale”.
Netta anche la presa di posizione del ministro Giorgetti, che segnala come la decisione “incrini la fiducia che era alla base dei rapporti tra Italia e Finlandia”. Il titolare del dicastero dello Sviluppo economico ha rimarcato che “sarà sicuramente vero che l'azienda ha operato nell'ambito delle leggi, come è stato più volte precisato al tavolo di confronto, ma esistono non solo le procedure scritte, ma anche criteri di comportamento e regole di lealtà nei rapporti tra Paesi e persone. Criteri e regole evidentemente tradite”.
Altrettanto dura è la nota del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, anch’egli presente all’incontro. “Interesseremo il Comitato delle Regioni e tutte le istituzioni nazionali ed europee – ha dichiarato – per denunciare l'atteggiamento predatorio di soggetti privati che, dopo aver usufruito di decine di milioni di euro pubblici, optano per una deindustrializzazione del territorio italiano determinando pesantissime ricadute sul piano economico, occupazionale e sociale”.