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Il presidio permanente davanti alla fabbrica non si è fermato neanche a Ferragosto. Perché è straordinaria la determinazione dei lavoratori di Wärtsilä, ma in realtà dell’intera città di Trieste, d'impedire l’ennesima delocalizzazione. Il 14 luglio scorso la multinazionale finlandese ha infatti annunciato 451 esuberi (su 970 addetti complessivi) nello stabilimento di Bagnoli della Rosandra, con la chiusura della linea produttiva di motori navali.
La decisione è stata confermata il 27 luglio nella riunione al ministero dello Sviluppo economico. E ribadita da Wärtsilä nel comunicato del 29 agosto, in cui afferma comunque “la piena volontà e disponibilità a collaborare con i sindacati e le istituzioni per identificare le misure a sostegno dei suoi lavoratori nell'ambito della procedura di legge”. Entro il 14 settembre, infatti, la multinazionale dovrà presentare il piano di mitigazione delle ricadute occupazionali ed economiche, avendo poi ulteriori 30 giorni per giungere a un accordo. Mentre mercoledì 7 settembre è convocato al Mise il nuovo tavolo di crisi (ore 15), che sarà presieduto dal ministro Giorgetti.
Ma la determinazione dei lavoratori non conosce pause. Sabato 3 settembre è convocata una manifestazione per le strade di Trieste, cui si attendono migliaia di persone. L’appuntamento è alle 16.30 al Foro Ulpiano: il corteo percorrerà le vie del centro (piazza Oberdan, via Carducci, piazza Goldoni, corso Italia, piazza della Borsa) per concludersi in piazza Unità d’Italia, dove si terrà il comizio dei segretari generali di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil.
Va segnalato, inoltre, che la manifestazione di sabato arriva a conclusione di una settimana di mobilitazione anche di altre categorie di lavoratori. Da sabato 27 agosto, infatti, hanno dichiarato lo sciopero a oltranza i lavoratori portuali (aderenti a Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl mare) che svolgono attività connesse (spostamento, imbarco e rizzaggio) alla multinazionale finlandese. L’obiettivo è rallentare o impedire il trasferimento di 12 motori, prodotti da Wärtsilä e destinati alla coreana Daewoo, che dovrebbero essere caricati sulla nave Uhl Fusion, che da domenica 28 si trova in rada a Trieste.
“Wärtsilä è un’azienda economicamente solida, ha tecnologie innovative, mercato e competenze professionali, dal 2016 ha realizzato profitti per almeno 60 miliardi di euro”, spiega il segretario nazionale Fiom Cgil Luca Trevisan: “Il gruppo ha deciso di centralizzare la produzione presso un nuovo stabilimento in Finlandia, finanziato direttamente dal loro governo. La loro capacità produttiva è quindi aumentata, da qui la scelta di chiudere le linee dei motori dell’impianto di Trieste, con tutte le annesse funzioni legate alla produzione. Il risultato? 451 licenziamenti diretti e qualche centinaio nell’indotto”.
Il corteo di sabato prosegue la mobilitazione avviata a Trieste fin dal giorno dell’annuncio dei licenziamenti. Un primo presidio si è svolto giovedì 21 luglio in piazza Unità d’Italia, in concomitanza con l’audizione della X Commissione del Senato (Economia) presso la Prefettura cittadina. Giovedì 4 agosto si è tenuto lo sciopero generale di otto ore indetto in tutti gli impianti del gruppo (Genova, Napoli, Taranto e Cuneo), con manifestazione nazionale nella centrale piazza della Borsa, cui hanno partecipato oltre 2 mila persone.
“Scioperi e proteste sono stati immediati, il presidio permanente davanti ai cancelli sta servendo anche a impedire l’uscita dallo stabilimento dei motori già prodotti”, prosegue Trevisan: "Occorre trovare soluzioni che diano continuità alla produzione di motori e all’occupazione, considerando che parliamo di produzioni di grande importanza per la filiera della cantieristica navale del nostro Paese. In questo senso il governo deve utilizzare tutte le leve e gli strumenti pubblici di cui dispone”.
A colpire il segretario nazionale della Fiom Cgil è stato proprio l’atteggiamento di Wärtsilä, che non ha “minimamente preso in considerazione le ipotesi avanzate dal governo per non perdere una produzione così significativa per Trieste ma, più in generale, per l’Italia intera”. Ipotesi, com’è stato precisato nell’incontro al Mise del 27 luglio, fondata sulla disponibilità di esecutivo e Regione a garantire investimenti per rilanciare il sito, all’interno “di una politica industriale – ha spiegato una nota ministeriale – centrata sull’industria del mare in Italia, sfruttando le eccellenze mondiali presenti nel nostro Paese”.
Il 19 agosto, infine, i sindacati metalmeccanici hanno depositato presso il Tribunale di Trieste un ricorso per attività antisindacale (ex art. 28) relativo agli anni 2021 e 2022. Il verdetto è atteso per la prima metà di settembre. “Il ricorso conferma la nostra determinazione – spiega la Fiom Cgil – di contrastare, anche per via legale, la scelta scellerata della multinazionale di dismettere la produzione di motori e avviare il licenziamento di quasi 800 lavoratori diretti e degli appalti”.