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“Nei mesi scorsi avevamo già denunciato il problema occupazionale nei servizi in appalto nelle strutture Rsa chiedendo un tavolo con la struttura regionale competente - afferma Ivan Bernini segretario generale Fp Cgil Veneto - oggi il rischio di tenuta occupazionale si allarga anche a parte dei servizi non sanitari delle strutture ospedaliere nei quali gli appalti sono in scadenza o si operano processi di re-internalizzazione”.
"Nel caso delle Rsa o dei servizi diurni, ci si trova nella situazione in cui anche a causa dei 'posti freddi' determinati dalla pandemia e dal rallentamento dei nuovi ingressi - fino al blocco – si chiede di avviare le procedure di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Sospendendo l’attività di figure professionali – infermieri, operatori socio-sanitari, educatori, fisioterapisti – sulle quali Rsa e strutture sanitarie avrebbero necessità. Nel caso degli appalti, sia in relazione a scadenze che reinternalizzazioni e interruzioni degli appalti, ci si trova di fronte a lavoratori che dopo aver prestato la propria opera per anni rischiano di perdere il posto di lavoro", prosegue l'esponente Cgil.
“È evidente, che le scelte operate negli anni passati di esternalizzare importanti servizi amministrativi funzionali al funzionamento del sistema socio-sanitario – in nome del “no core” e in parte del blocco delle assunzioni nel pubblico – ha esteso ed ampliato, talora al di fuori degli stessi servizi originariamente messi in appalto, il numero di lavoratori di soggetti diversi dall’ente pubblico (Ulss e Rsa) utilizzati ed operanti nelle strutture. La scelta di indirizzo operata dalla Regione Veneto di “delimitare” gli ambiti delle esternalizzazioni e portare a gestione diretta parte dei servizi va letta positivamente: sia perché, diversamente dal passato, riconsidera il valore strategico che molti servizi rivestono nella filiera del sistema, sia perché prova a mettere a norma alcune situazioni “limite” rispetto a previsioni legislative", rileva ancora il dirigente sindacale.
"Il problema, grosso, però è che in talune aziende direzioni e sindacato si trovano a fare i conti con situazioni pregresse che evidentemente andavano considerate e gestite per tempo da parte di chi, in precedenza, le aveva intraprese attraverso atti deliberativi senza considerarne tutte le opportunità, le ricadute occupazionali e senza affrontare il tema con il sindacato”, continua il sindacalista.
“Alla Regione, sia nel primo caso che nel secondo, avevamo chiesto un confronto per trovare soluzioni. Nel primo caso, perché riteniamo che gli strumenti tecnici per trovare soluzioni all’utilizzo di figure professionali necessarie nel sistema socio-sanitario si possano trovare se c’è la volontà di farlo. Anziché metterli in sospensione. Nel secondo caso, perché nel riconoscere il valore della scelta di riportare a gestione diretta delle Ulss molti servizi – alcuni esternalizzati da decenni – riteniamo vadano considerate soluzioni e opportunità, nel rispetto delle norme, per tanti lavoratori che per lungo periodo hanno svolto la propria opera e che ora rischiano di non avere più il lavoro. Auspichiamo - conclude Bernini - che direttore dell’area sanità e sociale e assessore valutino l’urgenza della convocazione del tavolo. La gestione della pandemia è certamente “totalizzante” ma lo è anche il lavoro per rischia di perderlo”.