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“La legge di bilancio 2025 conferma il taglio agli stipendi del personale di scuola, università, ricerca e Afam. Per il contratto istruzione e ricerca 2022/24 – che è già in scadenza – non c’è nulla di nuovo, salvo un misero incremento dello 0,22% destinato al salario accessorio (circa 5 euro mensili), che si aggiunge a quanto stanziato dalle precedenti finanziarie, per un aumento complessivo in termini percentuali del 6% (circa 140 euro medi mensili lordi)”. Lo riferisce la Flc Cgil in un comunicato.
Scuola in sofferenza
“Una cifra – secondo il sindacato – del tutto inadeguata poiché l’inflazione relativa al triennio contrattuale 2022/24 è tre volte maggiore (quasi al 18%). Di fatto al personale di scuola, università, ricerca e Afam si impone una perdita retributiva pari a 2/3 circa dell’inflazione, impoverendo così ulteriormente una categoria già in forte sofferenza economica e, non a caso, tra le meno pagate in Europa”.
“Va smentita poi – prosegue il comunicato – la falsità per la quale ciò che si perde sui salari con l’inflazione sarebbe comunque recuperato grazie al taglio del cuneo fiscale, ciò per tre evidenti ragioni: non si tratta di una novità dell’esecutivo Meloni ma della mera conferma di una misura già in vigore perché introdotta da precedenti governi come taglio del cuneo contributivo; è una misura fiscale che riguarda tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e questi ultimi non rinunciano certo a rinnovi contrattuali che garantiscano il pieno recupero dell’inflazione a prescindere dagli effetti della riduzione del cuneo come invece viene chiesto ai lavoratori della conoscenza; da ultimo, anche sommando gli effetti della riduzione del cuneo fiscale e gli incrementi previsti in legge di bilancio comunque gli stipendi risultano largamente penalizzati dall’inflazione”.
Tagli su tagli
I tagli in legge di bilancio non si limitano al mancato adeguamento stipendiale, ma riguardano anche la dotazione organica, tant’è vero che per la scuola tra nuove assunzioni di docenti (1.866) e tagli (5.660) il saldo è decisamente negativo: 3.794 posti di docenti in meno nel 2025. E per il successivo anno sono confermati i tagli di oltre 2.200 posti all’organico Ata, così come per università, ricerca e Afam si sposta al 2026 la riduzione del turn over del 25%.
A parte lo stanziamento di 9 milioni di euro (scelta delle opposizioni e non del governo) finalizzato alla stabilizzazione dei ricercatori del Cnr, grazie alla mobilitazione del personale, la cifra politica della manovra su questi settori è un forte definanziamento di università e ricerca pubbliche che mette rischio la tenuta complessiva del sistema nazionale dell'alta formazione, oltre che scaricare su studenti e precari il costo di questa scelta.
Più soldi alle spese militari
Per la Flc il taglio agli stipendi di docenti, ricercatori, personale tecnico, amministrativo, ausiliario in virtù del mancato finanziamento per adeguare gli stipendi al tasso di inflazione, i tagli agli organici e le riduzioni di risorse per università ricerca e Afam “consentono alle finanze pubbliche di risparmiare ben oltre 5 miliardi di euro, un significativo bottino di cui ha potuto disporre il governo per interventi in legge di bilancio come l’aumento delle spese militari o come i contributi a favore delle scuole paritarie private e le altre mancette distribuite a lobby e consorterie”.
La mobilitazione continua
“È evidente che per questo governo ben altre sono le priorità, non certo la scuola statale, l’università, la ricerca o l'alta formazione artistica e musicale – conclude la Flc Cgil che “è fortemente impegnata, avendo già effettuato due scioperi oltre che numerosi presidi e manifestazioni, con un’azione di contrasto e di mobilitazione che proseguirà anche nel 2025 fin quando il governo non ritirerà i provvedimenti punitivi messi in campo contro scuola università e ricerca e contro il loro personale”.