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Cinque nuove figure post-laurea. Tutte precarie. Lo prevede un ddl a firma Bernini-Resta approvato dal Consiglio dei ministri sul pre-ruolo nelle università agli inizi di agosto. Per contrastare questo provvedimento che renderebbe i nostri atenei più precari di quanto già non lo siano (sono oltre 21mila gli assegnisti di ricerca, 9 mila i ricercatori a tempo determinato nelle università e migliaia negli enti pubblici di ricerca) un circuito di docenti un circuito di docenti Flc Cgil, Rete29aprile e Roars (con il supporto di Arted e Adi) ha lanciato una petizione online a cui stanno dando supporto anche tanti docenti di ruolo. È in gioco, del resto, la qualità delle nostre università, oltre che i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolte.
Come spiega Luca Scacchi, responsabile docenza universitaria della Flc Cgil nel suo appello, per alcune di queste figure “non è neanche previsto il riconoscimento di un reale rapporto di lavoro: la borsa di assistente alla ricerca junior, la borsa di assistente alla ricerca senior, il post-doc, il professore aggiunto e il contratto di ricerca”. Siamo insomma addirittura oltre la famigerata riforma Gelmini.
Alle tipologie precarie individuate dal ddl, continua Scacchi, non si riconoscono diritti, rappresentanza e minime tutele (malattia, ferie, contributi previdenziali esigibili, accesso al welfare fiscale) o se ne riconosco alcuni, ma al prezzo di ulteriori compiti (collaborazione alle attività didattiche e alla terza missione). Questa non è una cassetta degli attrezzi per la ricerca: è solo una moltiplicazione infinita dei sentieri e dei tempi con cui vedersi riconoscere il proprio ruolo, che espande la precarizzazione e le incertezze nel lavoro di ricerca in questo paese”.
Il tutto in un contesto in cui - pur in presenza di un record negativo di laureati nel nostro paese - i tagli continuano. È stata infatti annunciata una riduzione di oltre 500 milioni di euro sul Fondo di finanziamento ordinario delle università e sono stati cancellati gli ultimi due anni del Piano straordinario avviato da Maria Cristina Messa che avrebbe dovuto ampliare le facoltà assunzionali degli atenei di oltre 10 mila posizioni tra docenti e personale tecnico-amministrativo. E, ancora, non vi sarà alcuna stabilizzazione delle risorse alla ricerca provenienti dal Pnrr.
In questa situazione, si legge ancora nell’appello di Scacchi, la bolla del precariato “rischia di scoppiare nei prossimi anni su queste molteplici figure, creando una nuova generazione perduta. Questa moltiplicazione del precariato e questi tagli producono solo un’università e una ricerca piccole e precarie, senza prospettive per il futuro”.
Insomma, firmare questa petizione è importante, così come importante è la richiesta che viene dal mondo dell’università e della ricerca di un unico rapporto di lavoro pre-ruolo a tempo determinato, che garantisca diritti, tutele e rappresentanza.
Oltre, ovviamente, alla necessità che si torni a “un finanziamento congruo alle strutture e alla ricerca di base, per riportare la spesa pubblica e gli organici in questo settore in linea con quelli degli altri Paesi europei”.