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L'automotive sta vivendo una profonda crisi: la pandemia, la scarsità delle materie prime e l'aumento del loro costo, la mancanza di una visione strategica da parte del governo per affrontare la transizione tecnologica e ambientale. Una fase di grande difficoltà, accentuata anche dall’ondata di chiusure aziendali e licenziamenti, cui la Fiom intende reagire con la campagna di assemblee territoriali “Safety Car”, per l'individuazione di un percorso unitario di mobilitazione nazionale.
Obiettivo della convocazione degli attivi dei quadri e dei delegati dell’automotive è garantire al settore un futuro occupazionale e industriale in Italia. Il primo incontro si tiene oggi (martedì 11 gennaio) a Firenze con i delegati della Toscana, mentre giovedì 13 sarà il turno del Veneto, con l'assemblea a Zelarino (Venezia). La settimana prossima si tengono gli attivi del Lazio (lunedì 17 gennaio a Cassino), Lombardia (giovedì 20 a Brescia), Abruzzo (giovedì 20) e Puglia (venerdì 21). In via di definizione sono quelli di Piemonte, Emilia Romagna, Campania e Basilicata.
“Il confronto con il 2019, anno prima della pandemia, fotografa una situazione di netto declino”, spiegano Michele De Palma (segretario nazionale Fiom Cgil e responsabile automotive) e Simone Marinelli (coordinatore nazionale automotive Fiom Cgil): “Nel 2021 la produzione ha perso il 9,4%, le immatricolazioni sono diminuite di circa il 24%, mentre ad aumentare sono il costante ricorso agli ammortizzatori sociali e il conseguente impatto negativo sui salari”. Da registrare anche il boom delle ore di cassa integrazione, passate dai 26 milioni del 2019 ai quasi 60 milioni del novembre 2021.
Con lo sblocco dei licenziamenti il settore dell'indotto automotive, che occupa 163 mila lavoratori, è stato quello più colpito, come dimostrano i casi di Gianetti Ruote, Gkn, Timken, Speedline, Caterpillar. “A queste crisi già aperte – proseguono De Palma e Marinelli – rischiano di aggiungersi gli esuberi alla Vitesco di Pisa, alla Bosch di Bari e alla Marelli, in particolare negli stabilimenti legati ai sistemi di scarico e ai motori endotermici”.
I due rappresentanti sindacali sottolineano che per la Blutec di Termini Imerese (Palermo) “siamo in ancora in attesa di una soluzione per il rilancio industriale, la continuità occupazionale del sito e una garanzia occupazionale per gli altri asset”. In questo scenario occorre “dare continuità al rilancio di Industria Italiana Autobus, prevedendo ulteriori investimenti per il rinnovo delle flotte pubbliche con mezzi prodotti nel nostro Paese”.
Situazione complessa per gli stabilimenti del gruppo Stellantis, dove si registra un sostanziale calo dei volumi produttivi. A fronte di una capacità istallata di un milione e mezzo di veicoli, attualmente se ne producono solo 700 mila. “Nel polo torinese i volumi delle Maserati e della 500 Bev non bastano a saturare gli impianti e a garantire la stabilità occupazionale”, illustrano De Palma e Marinelli: “Nello stabilimento di Cassino i volumi delle Alfa non raggiungono la piena occupazione e non basterà il lancio del nuovo modello Grecale della Maserati”.
Continuando l’analisi dei diversi siti Stellantis, gli esponenti Fiom rilevano che “per Pomigliano e Nola, oltre alle garanzie per la produzione della Panda (veicolo più venduto in Europa), per raggiungere la piena occupazione occorrerà verificare i volumi produttivi del Tonale”, mentre il costante calo del mercato diesel impone “di affrontare la transizione verso nuove produzioni per gli stabilimenti di Pratola Serra e Cento”.
A Termoli, dove si producono motori e cambi a benzina, la tenuta occupazionale “si dovrà verificare con il consolidamento dei volumi del nuovo motore Gse 1.0 e con l’installazione della gigafactory, ancora non confermata”. Infine, gli stabilimenti Sevel e di Melfi, dove “assistiamo a una drastica riduzione dei volumi, rispettivamente, del Ducato e delle Jeep Renegade e Compass, nonostante gli investimenti per le linee elettriche”.
La proposta che la Fiom Cgil avanza al governo, dunque, è quella di un “piano straordinario per l’automotive”, mettendo a disposizione “investimenti e strumenti per la trasformazione industriale e l’innovazione, il rilancio della ricerca e dello sviluppo, sostegni alla domanda privilegiando i redditi più bassi e il rinnovo delle flotte pubbliche, la salvaguardia, la crescita e la rigenerazione dell’occupazione”. In assenza di questo piano, concludono De Palma e Marinelli, sono “a rischio decine di migliaia di posti di lavoro e il mantenimento di un settore industriale fondamentale per l’economia del nostro Paese”.