Aperti al futuro. È stato scelto questo titolo per il VI congresso della Camera del Lavoro Cgil di Torino che si concluderà oggi con l’elezione dei nuovi gruppi dirigenti. Più che un titolo, un manifesto programmatico. Al quale il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, cui sono state affidate le conclusioni della due giorni, ha risposto con un tema di cui da tempo parla la Cgil, quello della settimana lavorativa di quattro giorni.
Settimana corta: un obiettivo del sindacato
"Accanto a un aumento dei salari e alla riduzione della precarietà penso che da un punto di vista strategico la settimana lavorativa di quattro giorni debba diventare uno degli obiettivi del sindacato italiano e non solo, ne discuteremo nel congresso", ha detto il leader del Quadrato Rosso svelando quale sarà uno degli elementi al centro della prossima assise nazionale che tra il 15 e il 18 marzo chiuderà a Rimini questo lungo iter democratico partito a settembre con le assemblee di base nei luoghi di lavoro.
Formazione permanente
Landini ha poi aggiunto che "oltre alla questione della settimana lavorativa organizzata su quattro giorni va conquistato un altro diritto che oggi non abbiamo: quello alla formazione permanente lungo tutto l'arco della vita lavorativa. Dentro l'orario di lavoro un lavoratore deve essere anche pagato perché studi e si aggiorni". Dare voce al lavoro e combattere le diseguaglianze. È così che Maurizio Landini racconta la sua idea di sindacato, le linee principali dell’agire dell’organizzazione.
Contratti nazionali, scelta strategica
Logistica, facchinaggio, riders, eccola l’ultima frontiera del lavoro da rappresentare a ogni costo per mettere un piede nel presente e nel futuro. Un tema attualissimo nella Torino dei servizi, laboratorio di ogni forzatura lavorativa e luogo in cui poter ricercare le soluzioni. “Qui – dice Landini – si pone un problema più generale: la scelta strategica che il sindacato deve fare è tutelare con i contratti nazionali tutte le forme di lavoro: ci deve essere un ampliamento dell’applicazione dei contratti, fino ad arrivare a dargli valore di legge. I contratti nazionali, misurando la rappresentanza di chi li firma, devono diventare l’elemento che stabilisce la soglia di diritti sotto cui nessun lavoratore può scendere. Lo dico perché oggi uno dei problemi è che i lavoratori precari, i rider, le partite Iva in molti casi, oltre ad avere giornate lavorative troppo lunghe e salari troppo bassi non godono di una serie di diritti, tra cui ferie e malattia. Questo determina competizione tra lavoratori e appalti al massimo ribasso. Una logica che va condannata, va cambiata e va combattuta. Il sindacato – ribadisce il leader della Cgil – deve essere quel soggetto che dà voce a tutte queste forme di lavoro”.
Stesso lavoro, stessi diritti
“Oggi – ricorda Landini – in qualsiasi luogo di lavoro vai ti accorgi che persone che fanno lo stesso lavoro non hanno gli stessi diritti. Cito una grande lezione di Giuseppe Di Vittorio: il compito principale di un sindacalista è quello di impedire che le persone, che per vivere han bisogno di lavorare, per lavorare debbano competere tra di loro”. Da qui riparte il lavoro della Cgil e il futuro del Paese.